Open Arms, Salvini: "Difendere l'Italia non è reato"

Open Arms, Salvini: “Difendere l’Italia non è reato”

Le parole del leader della Lega e quelle dei giudici
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ROMA – “I giudici hanno confermato che difendere l’Italia non è reato, rilevando l’ostinazione e l’arroganza di Open Arms che ha fatto di tutto per venire in Italia, scartando tutte le altre alternative che erano più logiche e naturali”.

Così in una nota Matteo Salvini dopo le motivazioni della sentenza Open Arms.

“La soddisfazione per la decisione dei giudici di Palermo non cancella l’amarezza per un processo lungo e che è costato migliaia di euro ai contribuenti italiani: è il risultato – conclude Salvini – dell’odio politico della sinistra contro di me”.

Open Arms, le motivazioni

L’Italia, e quindi l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, non erano obbligati ad assegnare il porto sicuro (Pos) alla Open Arms, la nave spagnola che aveva soccorso un centinaio di migranti in mare ad agosto del 2019.

Perché toccava alla Spagna farlo. In poche righe i giudici del tribunale di Palermo che, a dicembre, assolsero il leader della Lega dai reati di rifiuto di atti d’ufficio e sequestro di persona per aver illegittimamente, secondo l’accusa, impedito lo sbarco ai profughi, chiudono un caso lungo 5 anni (di cui 3 di processo) e carico di polemiche politiche.

Una premessa, quella scritta nelle motivazioni del verdetto depositate oggi, che rende inutile secondo il collegio approfondire ogni ulteriore argomentazioni di difesa e accusa (la Procura aveva chiesto la condanna del segretario del Carroccio a 6 anni).

Cosa accadrà

La Procura fa sapere che deciderà sull’eventuale appello dopo aver letto le motivazioni, ma è inevitabile che il ricorso ci sarà.
“Il convincimento che nella vicenda oggetto del presente procedimento nessun obbligo di fornire il Pos gravasse sullo Stato italiano, né, dunque, sull’odierno imputato, – spiegano i giudici preliminarmente – esime evidentemente il collegio dall’affrontare analiticamente diverse tematiche prospettate ed animatamente dibattute dalle parti quali, ad esempio, quelle relative alla circostanza che la nave Open Arms avesse potuto fungere da Pos, ovvero al fatto che il primo intervento non avesse in realtà riguardato un’imbarcazione in distress, o ancora al fatto che i tempi trascorsi in attesa del Pos potevano legittimamente spiegarsi con l’esigenza di provvedere prima alla distribuzione dei migranti fra gli Stati Europei”.

Una conclusione che va oltre la difesa del senatore, dunque, che non ha mai sostenuto che l’assegnazione del porto sicuro non gli competesse. Per il tribunale l’obbligo di tutelare i profughi, fatti sbarcare al termine di un braccio di ferro solo dopo l’intervento dei pm di Agrigento, lo aveva la Spagna. Perché il suo centro di coordinamento e soccorso marittimo aveva “operato, sin da subito, un sia pur minimo coordinamento da ‘primo contatto’; perchè Malta, “nel declinare la propria responsabilità per i primi due eventi di salvataggio, – spiegano – aveva chiaramente indicato la Spagna (Stato di bandiera) quale unica autorità che avrebbe dovuto assistere il natante”.


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