Processo Ghota, la sentenza |Colpo al clan Brunetto - Live Sicilia

Processo Ghota, la sentenza |Colpo al clan Brunetto

Tutti i nomi e le condanne.

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CATANIA. C’è il Ghota del clan Brunetto, nella sentenza dell’operazione Ghota. E un assolto, per non aver commesso il fatto. Con questa formula i giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Catania, presieduta da Sabrina Lattanzio, hanno assolto, poco fa, Pietro Carmelo Olivieri, nell’ambito del processo in secondo grado scaturito dall’operazione antimafia denominata Gotha. L’imputato, per l’accusa referente del clan Brunetto a Giarre, era stato condannato dal gup Alessandro Ricciardolo a 7 anni di reclusione. In primo grado la condanna più dura, 12 anni, era stata inflitta a Salvatore Brunetto, fratello del boss Paolo, a cui era stata riconosciuta l’aggravante di capo promotore. Non dai giudici di secondo grado, che hanno rideterminato la pena in 8 anni e 8 mesi. E’ stato assolto dalle accuse di detenzione illegale di armi da sparo e munizioni e di traffico di sostanze stupefacenti Alfio Patanè, condannato dal gup a 8 anni. I giudici della Corte d’Appello hanno rideterminato la pena dell’imputato, accusato anche di associazione mafiosa ed estorsione, a 6 anni. L’unico aumento di pena è stato inflitto a Benedetto La Motta, condannato a 8 anni, rispetto ai 7 del primo grado.

E non può che esprimere soddisfazione per l’assoluzione di Pietro Carmelo Olivieri il legale Salvo Sorbello. “Sono veramente soddisfatto del risultato che c’è stato oggi in Corte d’Appello – dice il difensore di fiducia – Finalmente abbiamo avuto giustizia dopo circa due anni di procedimento e l’esito del giudizio d’appello ha posto fine a tante incomprensioni e a tanti equivoci processuali che si erano accavallati nel primo grado di giudizio. L’unica amarezza è che, a fronte di una sentenza di condanna a 7 anni in primo grado, il mio assistito ha dovuto comunque attendere quasi due anni per vedersi riconosciuto estraneo alle accuse che gli sono state mosse. Questo non potrà mai essere adeguatamente cancellato, anche perché – conclude il legale – tutto si basava su una semplice frase che non era mai stata proferita nell’ambito del processo”.


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