PALERMO – In Sicilia, nonostante le perduranti complicazioni e il sistema di aggiudicazione al massimo ribasso introdotti dal Codice nazionale degli appalti, nei primi otto mesi dell’anno si è registrata una ripresa del mercato delle opere pubbliche rispetto allo stesso periodo del 2017. Secondo le anticipazioni delle elaborazioni dell’Osservatorio di Ance Sicilia, l’insieme dei bandi pubblicati da tutte le stazioni appaltanti, nazionali e regionali, ha prodotto 865 gare contro 845 (in lieve ripresa con 20 incanti in più, pari al +2,37%) per un importo complessivo di 860 milioni di euro (erano stati 854 da gennaio ad agosto dell’anno scorso, +0,62%). Però, in questo insieme, si nota che a livello di Regione e di enti locali le stazioni appaltanti hanno compiuto quasi un raddoppio e sono riuscite a recuperare il drammatico crollo del 2016 e del 2017, riportandosi ai livelli del 2015: 137 gare (+82,67%) per 194 milioni di euro (+73,13%) sempre rispetto alle stesso periodo del 2017. Va, comunque, notato che nel 2007, anno di inizio della crisi, le stazioni appaltanti regionali avevano bandito 818 gare per 890 milioni.
Il comitato di presidenza dell’Ance Sicilia valuta “con estremo interesse l’approvazione, da parte della Giunta regionale, del disegno di legge” sugli appalti che, “nell’intento di migliorare la norma nazionale che si è rivelata tanto dannosa, riforma il metodo di aggiudicazione delle opere pubbliche”, interrompendo “la serie crescente di ribassi eccessivi e arrestare la dilagante concorrenza sleale nella partecipazione alle gare”. “Auspichiamo – ha dichiarato il presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone – che l’Ars approvi subito il disegno di legge, affinché possa essere preso a riferimento dal governo nazionale come modello innovativo e di legalità. Infatti, il vicepremier Matteo Salvini, intervenendo all’assemblea nazionale dell’Ance, ha promesso la modifica del Codice nazionale degli appalti entro il prossimo mese di novembre e sono certo che terrà conto della riforma anticipata dalla Sicilia e che la sosterrà. E’ stato, infatti, dimostrato dall’esperienza che il criterio previsto attualmente dal Codice nazionale degli appalti, strenuamente difeso dal precedente governo nazionale – chiosa Cutrone – è sbagliato, colpisce il sistema sano delle imprese ed è inapplicabile ad un Paese che voglia garantire trasparenza, leale concorrenza e contrasto alle imprese illegali”.