Palagonia, 180 minuti per uccidere |"Viaggio" nella scena del crimine - Live Sicilia

Palagonia, 180 minuti per uccidere |”Viaggio” nella scena del crimine

Mancano ancora i risultati sul dna e sulle tracce di sangue per completare l'attività investigativa emersa dai sopralluoghi nella villetta dei coniugi Solano, ma ogni prova raccolta sembra portare la "firma" di Mamadou Kamara. (Nella foto, la collanina trovata nella scena del crimine)

PALAGONIA – Mostruosa. Per chi è entrato nella villetta dei coniugi Solano, dopo il duplice delitto, non ci sono altri aggettivi per descrivere la scena del crimine. E’ nel primo piano della casa di via Palermo a Palagonia dove l’assassino ha agito: tra la cucina, il disimpegno e la camera da letto. Vincenzo Solano è stato trovato riverso sul pavimento del corridio: sarebbe stato trascinato dalla camera da letto. La moglie Mercedes era sul terreno del cortile sottostante il balcone: scaraventata dal primo piano dal freddo e spietato omicida.

Ma andiamo a ritroso. Cercando di “congelare” gli indizi che si sono aggiunti di ora in ora in una meticolosa indagine e che hanno portato a indirizzare i sospetti nel giovane ivoriano: Mamadou Kamara. Al Cara di Mineo lo chiamavano “Lampa Lampa”, faceva il dj in alcune delle feste che si organizzano al “Residence degli Aranci”.  Diciotto anni, sbarcato i primi di giugno in Sicilia e trasferito nel centro d’accoglienza calatino. Non parla l’italiano, solo il francese e l’inglese. La notte del 30 agosto i suoi spostamenti sono immortalati dalle telecamere ai cancelli del Cara e da alcuni sistemi di videosorveglianza di attività commerciali nella zona di via Palermo a Palagonia.

Dentro la villetta Kamara – se le ipotesi degli inquirenti sono esatte – sarebbe stato tre ore: 180 minuti per uccidere. Intorno a mezzanotte parte da Mineo (ci sono i filmati a testimoniarlo) e alle 2 (circa) si vede passare con la bici sul retro della villetta, in spalla lo zainetto arancione. (GUARDA VIDEO) L’ivoriano sarebbe entrato nel cortiletto scavalcando l’inferriata: una cosa semplice. Per entrare sarebbe stata usata una scala di legno, gli investigatori l’hanno trovata appoggiata alla parete sotto al balcone del primo piano. Una delle portafinestra – ma resta un’ipotesi da accertare – potrebbe essere rimasta socchiusa: le calde temperature di fine agosto accrescono ancor di più questa possibilità. Da lì Kamara avrebbe potuto facilmente entrare in cucina e attraverso il corridoio raggiungere la camera da letto dove riposavano Enzo e Mercedes.

La prima colluttazione è con il 67enne. L’arma del delitto è stata prelevata dalla piccola officina che Vincenzo aveva creato al piano terra. L’operaio in pensione sarebbe stato colpito con un estrattore prima alla testa, tramortito è stato sgozzato forse con una tronchesina trovata dalla scientifica sporca di sangue. Dopo ci sarebbe stata la violenza sessuale sulla spagnola settantenne: il medico legale parla di stupro nella sua prima relazione. I particolari saranno depositati entro 60 giorni. Se Mercedes sia morta prima o dopo il volo dal balcone è ancora da stabilire: ma è stata colpita alla testa, i segni sono ben evidenti. E forse contro di lei è stato usato uno sgabello.

Con i due cadaveri in casa l’assassino ha messo a soqquadro le stanze alla ricerca di qualcosa di prezioso da rubare. Il bottino, troppo poco per giustificare un tale massacro, era composto da un pc, due macchine fotografiche e il telefonino di Enzo. Quello che ha incastrato l’ivoriano, ancor prima che la Polizia sapesse che barbaria si era consumata in via Palermo a Palagonia. Gli oggetti sono stati riposti in una sorta di borsone, di quelli che servono a conservare i piumoni. Uno simile (molto simile) è stato trovato dagli inquirenti a casa Solano.

Kamara circondato dall’odore acre del sangue e della morte si sarebbe lavato, forse addirittura si sarebbe fatto la doccia. Una volta asciugato avrebbe lanciato dal balcone che da sul retro gli slip insanguinati, ritrovati dalla scientifica a pochi metri dal cortile della villetta. A quel punto avrebbe indossato un paio di pantaloni di Vincenzo, una taglia 56 invece della 46 portata dall’ivoriano, e una maglietta con il logo dell’azienda catanese dove per anni Solano ha lavorato. I suoi pantaloni insanguinati con la cintura e la fibia molto particolare sono stati ritrovati dall’agente durante il controllo ai “varchi” del Cara di Mineo nella sacca insieme al “bottino”. Mancavano pochi minuti alle 7. Mamadou indossava i vestiti riconosciuti dalla figlia delle vittime e inoltre non aveva biancheria intima quella mattina. Una raccapricciante coincidenza.

La telefonata alla figlia a Milano da parte della polizia è stato l’input che ha portato alla macabra scoperta del duplice delitto. L’ivoriano respinge ogni addebito: “sono uscito alle 6 dal Cara e sul ciglio della strada ho trovato il borsone con gli oggetti, a quel punto sono tornato indietro”. Dalle telecamere non risulta alcuna uscita a quell’ora del mattino ma solo quella intorno a mezzanotte.

La Scientifica è tornata sul luogo del delitto ogni giorno. E in ogni sopralluogo ha raccolto nuove tracce. Lunedì il pezzo di collanina trovato vicino alla porta che collega il disimpegno alla camera da letto: una parte perfettamente coincidente con il monile indossato dall’ivoriano. Giovedì arriva anche l’anello con la pietra nera: il 18enne lo porta in diverse foto registrate nel suo telefonino. Le indagini della sezione Omicidi della Squadra Mobile diretta da Antonio Salvago non sono ancora completate: mancano i risultati della Scientifica sul dna, sulle tracce di sangue, sul materiale organico e dei tamponi vaginali. Ma ogni indizio raccolto di ora in ora sembra portare la “firma” di Mamadou Kamara.

A questo punto dell’inchiesta, coordinata dalla Procura di Caltagirone, si cristalizza l’ipotesi che l’ivoriano abbia agito da solo. Anche se il Gip che ha convalidato l’arresto presuppone dei “potenziali complici”. Domenica stessa è stato interrogato un cittadino originario di Mali, il proprietario della bici usata da Kamara per raggiungere Palagonia, ma è bastato poco per far comprendere agli inquirenti che non era coinvolto nell’efferato delitto.

Indossare i vestiti dell’uomo ucciso e non buttare gli abiti sporchi di sangue, anzi riporli insieme agli oggetti rubati dentro un borsone che finisce nelle mani dei poliziotti è una storia paradossale e illogica. Ma chi è entrato nella villetta dei Solano domenica scorsa assicura che non c’è logica in quella scena mostruosa, solo spietato orrore. Disumano.

 

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