PALERMO – Anche per i piccoli imprenditori l’interdittiva antimafia deve essere il rimedio estremo. Lo ha stabilito un’ordinanza del Cga che ha accolto il ricorso del titolare di un’impresa edile agrigentina, ribaltando il verdetto del Tar.
Prima di arrivare all’interdittiva il prefetto deve adottare le misure di “prevenzione collaborativa”. Così si legge nel provvedimento emesso dal Consiglio di giustizia amministrativa (presidente Ermanno De Francisco, estensore Nino Caleca). Accolto il ricorso di un imprenditore di Favara con commesse nella pubblica amministrazione, assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Massimiliano Valenza
Le disposizioni entrate in vigore nel 2021 hanno stabilito, qualora i tentativi di infiltrazione mafiosa siano occasionali, che il prefetto prescriva all’impresa l’osservanza di una serie di regole per poterla ripulire.
“Con l’introduzione dell’istituto della prevenzione collaborativa il legislatore ha inteso limitare, ove possibile, il ricorso all’adozione delle interdittive antimafia – si legge nell’ordinanza – divenute oggi, per legge, uno strumento di extrema ratio cui fare ricorso nelle ipotesi di infiltrazione mafiosa non occasionale, ma da ritenersi invece irreversibile; ratio della norma è tentare, con l’istituto in scrutinio, il recupero a una dimensione di legalità delle imprese attinte solo marginalmente dal fenomeno di infiltrazione criminale”.
Secondo il Cga, era stato erroneamente ritenuto che dalle “prevenzione collaborativa” dovessero essere escluse le piccole imprese e le ditte individuali. Ed ecco la portata innovativa dell’ordinanza che avrà un notevole impatto.
L’esclusione, infatti, “finirebbe addirittura per renderla inapplicabile nei territori caratterizzati, come in Sicilia, dalla presenza di un’imprenditoria composta prevalentemente (se non quasi esclusivamente) da imprese individuali”. Da qui lo stop in fase cautelare del provvedimento di primo grado, in attesa della trattazione della vicenda nel merito.