Palermo al voto e la mafia: nuovo scontro Lagalla-Miceli

Palermo al voto e la mafia: nuovo scontro Lagalla-Miceli

L'ultima polemica tra i due candidati sindaco.
PALERMO 2022
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La mafia – reale nella sua pervasività di fondo, presunta nelle recenti vicende di cronaca giudiziaria, accertata a lume di Cassazione – si conferma protagonista dello scontro elettorale a Palermo, in una stanca e scolorita campagna per il sindaco, ravvivata da qualche acerrimo spunto di contrasto. L’affondo, stavolta, lo piazza Roberto Lagalla, candidato del centrodestra.

“La sinistra e il figlio di un boss”

“La sinistra ha candidato il figlio di un boss. Chi per settimane mi ha definito strumentalmente e velenosamente un pupo ospita nelle proprie liste il figlio di un mammasantissima, in carcere da anni per reati di mafia – ecco la nota dell’ex rettore -. La questione morale declinata a questione di opportunità. Per alcuni la clava, per il diretto discendente di un mafioso ospitato nelle patrie galere il tappeto rosso. La miopia della verifica. Si imputa agli avversari politici un deficit di controllo –  per altro nel caso di chi è stato candidato cinque anni fa con Orlando impossibile da operare, se non da parte della sola magistratura – e poi si accetta la candidatura del figlio di un boss mafioso”.

“Ha rinnegato suo padre”

“Nella lista ‘Progetto Palermo’ della sesta circoscrizione è candidato il caporal maggiore capo Nicola Piraino, militare dalla carriera limpida costellata da encomi, che ha rinnegato suo padre, scelta per la quale ci vuole anche un certo coraggio e che merita la stima di tutti noi, come altri hanno dovuto fare nella storia della nostra Sicilia – questa la replica del candidato di centrosinistra, Franco Miceli – Il nostro è un comportamento ben diverso da chi apre le porte ai condannati come Dell’Utri e Cuffaro, o da chi mercanteggia voti con i boss di Cosa Nostra. La candidatura di chi, in Forza Italia e in appoggio di Lagalla, oggi cerca i voti di Cosa nostra mettendosi a disposizione dei boss è cosa ben diversa. La verità è che la destra pur di tentare di raccattare voti non guarda in faccia nessuno e che della lotta alla mafia non gli importa assolutamente nulla”.

Cuffaro, Dell’Utri, Polizzi e…

Le amministrative sono state percorse dalla polarizzazione mafia-antimafia. Il grido sacrosanto delle vittime di Cosa nostra – pensiamo ad Alfredo Morvillo e Maria Falcone – che hanno sottolineato il ritorno in politica dei condannati per mafia, con un chiaro riferimento a Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, è stato assorbito dalle fazioni politiche. Cuffaro – ricordiamolo – non può candidarsi, ma sostiene Lagalla con la ‘Dc Nuova’, mentre Dell’Utri aveva espresso il suo gradimento per lo stesso nome. Il primo è stato condannato per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, il secondo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il dibattito è stato rinfocolato dall’arresto di Pietro Polizzi, candidato al consiglio comunale.

Elezioni e veleni

L’ultima cronaca di cui si narra è il colpo di coda di una campagna elettorale avvelenata, in cui si è parlato poco dello sfascio materiale di Palermo. La questione morale, ovviamente, è un argomento basilare su cui non ci possono essere indulgenze, né retromarce. Ma l’impressione è che sia stata focalizzata soprattutto per mere situazioni di consenso e che, dopo l’elezione del sindaco di Palermo, non l’approfondirà, seriamente, quasi nessuno. (Roberto Puglisi)


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