L'arcivescovo Lorefice scuote la città: “No ai vascelli di morte”

L’arcivescovo Lorefice scuote la città: “No ai vascelli di morte”

Il discorso dell’arcivescovo a piazza Marina: “Ecco la Palermo che sogno”

PALERMO – Un vascello “di morte” che appesta Palermo, oggi come quattro secoli fa, fatto di mafia, spaccio di droga, commercio di vite umane, da una politica che non ha riguardo per “l’onore della carica pubblica”, dall’economia crudele e dall’indifferenza di un’Europa “pronta a cedere al nazionalismo”. A cui contrapporre un altro vascello, quello della vita, su cui la città sale insieme a santa Rosalia e che è rappresentato dall’antimafia “vera e quotidiana”, da chi salva i migranti in mare, da chi opera una politica dal basso, da Ballarò che promuove una legge contro la droga, dalla Caritas e dalle associazioni per la disabilità.  

In una piazza Marina gremita l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, manda il suo messaggio alla città nel mezzo della processione che conclude i festeggiamenti in onore di santa Rosalia. Perché se il 14 luglio è il momento del carro e dei fuochi d’artificio, dello spettacolo e della musica, il 15 è riservato alla fede di chi commemora il ritrovamento delle spoglie mortali della vergine che sconfisse la peste, portate lungo il Cassaro nell’urna d’argento. Un momento suggestivo che fa il paio con il pontificale della mattina e che ha visto Lorefice, insieme al sindaco Roberto Lagalla e alle autorità, camminare lungo corso Vittorio Emanuele, arrivare ai Quattro Canti per il Te Deum e l’affidamento della città alla Santuzza e poi dirigersi a piazza Marina per il tradizionale discorso ai palermitani, prima di tornare in Cattedrale.

“Se istituzioni assenti, prolifera la miseria”

Del resto, quello della sera del 15 luglio non è soltanto il momento conclusivo ma probabilmente anche il più “politico” del Festino, con l’arcivescovo chiamato a parlare a cuore aperto a una città che, almeno per un giorno all’anno, sembra fermarsi. E Lorefice non ha perso l’occasione per qualche tirata d’orecchie alle istituzioni: “Chi governa deve essere presente – dice Lorefice con voce sostenuta – Non nel senso dell’occupazione degli spazi, ma nel senso del servire e della prossimità. Essere presenti ovvero essere vicini, disponibili all’ascolto e pronti all’aiuto. Là dove manca la presenza delle istituzioni dello Stato prolifera non solo la miseria economica, ma innanzitutto la miseria morale”.

Il monito contro la droga

Il tema più sentito, però, è quello che l’arcivescovo ha toccato anche ieri sera nel discorso improvvisato davanti alla Cattedrale, ossia lo spaccio di droga e il dramma che colpisce giovani e famiglie. Argomento su cui Lorefice torna anche stasera, in modo ancor più forte: l’economia “divide gli uomini anche di fronte all’abisso della droga – ammonisce il prelato – la cocaina per i ricchi, il crack, che uccide, per i nostri ragazzi”. Stupefacenti venduti dalla mafia che “specula sulla disperazione e approfitta dello smarrimento generale e delle connivenze omertose per i suoi affari sporchi che succhiano il sangue del futuro di Palermo”.

Lorefice usa anche l’immagine del vascello, richiamando quello che nel 1600 portò la peste: ce n’è uno “mortale” su cui l’arcivescovo immagina la Chiesa che “arranca nel seguire il Signore”, la “vecchia politica”, la cultura del successo a tutti i costi, l’Europa che difende i confini, la mafia che fa affari, la droga che uccide i giovani; ma ce n’è uno “vitale” in cui trovano spazio i migranti, i volontari di Mediterranea, chi fa politica dal basso, chi fa “vera” antimafia, studenti e docenti che a Ballarò lavorano a una proposta di legge sulle dipendenze, la Caritas e chi si occupa degli ultimi.

“Il sogno di una Palermo eucaristica”

Lorefice immagina una Palermo “eucaristica” nel segno di don Pino Puglisi, di Biagio Conte, dei martiri “della fede e della giustizia” perché “non è normale che le armi prevalgano, che Caino uccida Abele”, punta il dito contro la stupidità (“nemico ancor più pericoloso della malvagità”, citando Bonhoeffer), loda i genitori e gli educatori, invoca l’amore contro “l’emergenza antropologica” di chi fa fatica a stare insieme, a fare comunità, a crescere nell’amicizia sociale di cui Papa Francesco scrive nell’enciclica “Fratelli tutti”. Un discorso accorato che accomuna santa Rosalia a san Francesco d’Assisi, Biagio Conte a Pino Puglisi e che dà idealmente il via all’anno giubilare che porterà nel 2024 al quarto centenario del ritrovamento delle spoglie mortali di Rosalia: “C’è Palermo, sorelle e fratelli miei, e su questo vascello dobbiamo salire tutti assieme con santa Rosalia perché è il vascello della vita, è la nave di un amore autentico e quotidiano che anima le esistenze di tutti noi e che siamo chiamati, come la nostra Santuzza, ad ascoltare e a seguire”.


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