PALERMO – Agli arresti domiciliari finiscono in tre: Totò Cuffaro, Roberto Colletti e Antonio Iacono. Per altri tre indagati (Mauro Marchese, Marco Dammone e Vito Raso) è stato deciso l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Ai primi due due viene anche applicata la misura interdittiva del divieto di esercitare impresa per un anno.
Dopo gli interrogatori preventivi di metà novembre il giudice per le indagini preliminari Carmen Salustro ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare nell’inchiesta che vede coinvolto l’ex presidente della Regione. A notificarlo sono i carabinieri del Ros che hanno svolto le indagini.
No all’arresto di Saverio Romano
All’inizio il procuratore Maurizio de Lucia e i sostituti Claudio Camilleri, Giulia Falchi e Andrea Zoppi chiedevano i domiciliari per 18 indagati, divenuti 17 dopo il giro di interrogatori preventivi. La richiesta è stata respinta anche per Saverio Romano. Restano tutti indagati, ma a piede libero. Bisogna leggere l’ordinanza per capire se il no alla misura cautelare da parte del Gip sia dovuta alla mancanza dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari.
Il deputato nazionale di Noi Moderati è coinvolto nella storia dell’appalto milionario assegnato alla Dussmann dall’Azienda sanitaria provinciale di Siracusa. La vicenda verrebbe inquadrata come traffico di influenze e non nel contesto di un patto corruttivo. A Romano la Procura contesta di avere cercato di favorire un imprenditore.
Cuffaro e il concorso a Villa Sofia
Cuffaro, Colletti, Iacono e Raso avrebbero avuto un ruolo nella storia del concorso per operatore socio-sanitario all’ospedale Villa Sofia. Colletti, allora manager dell’azienda ospedaliera e oggi in pensione, avrebbe nominato ad hoc Iacono, direttore del Trauma center, alla guida della commissione esaminatrice. Iacono avrebbe consegnato in anticipo le prove d’esami a Raso affinché le facesse avere a Cuffaro. Il politico, infine, le avrebbe girate ad una candidata che andò a trovarlo a casa. In cambio Colletti avrebbe ricevuto appoggio da Cuffaro nel giro di nomina dei manager della sanità.
“Assoluto divieto di comunicazione”
Per Cuffaro, Iacono e Colletti il Gip ha ritenuto la misura cautelare degli arresti domiciliari sufficiente a garantire le esigenze cautelari. Non viene applicato il braccialetto elettronico “non emergendo particolari esigenze da imporre il costante monitoraggio“, ma viene imposto un “assoluto divieto di comunicazione così da escludere qualsiasi possibilità di mantenere contatti con altri coindagati o con soggetti terzi, comunque appartenenti alla pubblica amministrazione e all’imprenditoria”.
Le altre tre misure
A Vito Raso, storico segretario di Cuffaro e dimissionario dalla segretaria dell’assessore regionale Nuccia Albano, il Gip ha applicato la misura cautelare meno afflittiva dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Stessa cosa per Marco Dammone e Mauro Marchese, rispettivamente ex funzionario commerciale e legale rappresentante della Dussmann, per i quali si aggiunge l’interdittiva per un anno.
Gli indagati a piede libero
Indagati a piede libero e no agli arresti domiciliari per Carmelo Pace (deputato regionale della Dc e capogruppo all’Ars), Antonio Abbonato (ex consigliere di circoscrizione), Ferdinando Aiello (ex consigliere regionale ed ex parlamentare calabrese del Pd), Paolo Bordonaro (direttore dell’ospedale Umberto I di Siracusa), Alessandro Caltagirone (direttore generale dell’Asp di Siracusa), Giuseppa Di Mauro (dirigente amministrativo del provveditorato dell’Asp di Siracusa), Sergio Mazzola (imprenditore del settore delle pulizie), Paolo Emilio Russo (dirigente amministrativo del presidio ospedaliero Avola-Noto), Giovanni Tomasino (direttore del Consorzio di Bonifica della Sicilia occidentale) e Alessandro Vetro (imprenditore di Agrigento).
La Procura aveva ritirato la richiesta di arresto per Vito Fazzino, Bed manager dell’Asp al termine dell’interrogatorio di garanzia.
L’appalto all’Asp di Siracusa
Sono tutti tirati in ballo nella vicenda Dussmann e nel filone del Consorzio di Bonifica. Nel primo caso, secondo l’accusa, la gara milionaria per il servizio di portierato e ausiliariato all’Azienda sanitaria provinciale di Siracusa sarebbe stato pilotato.
In cambio l’impresa avrebbe favorito due dipendenti vicini a Cuffaro, migliorando le loro condizioni economiche, e proposto un subappalto alla Euroservice di Mazzola, imprenditore di Belmonte Mezzagno ritenuto legato a Romano. Subappalto che non si concretizzò.
“Io mi sto muovendo con insistenza anche su Siracusa… per voi”, diceva Cuffaro a Dammone. Un interessamento iniziale che potrebbe avere fatto scattare l’ipotesi del traffico di influenze, escludendo le successive utilità del presunto patto corruttivo.
I “soldi” e le intercettazioni a casa Cuffaro
L’altra vicenda è legata all’intercettazione a casa casa Cuffaro, in viale Scaduto, Palermo. È qui che un giorno di aprile dell’anno scorso, secondo l’accusa, sarebbe stata consegnata una tangente da girare a Tomasino, direttore generale del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale, tramite il deputato Pace (anche per lui negati gli arresti domiciliari). Si parla di 25-30 mila euro. Le imprese “sponsorizzate” da Cuffaro avrebbero ottenuto le commesse pubbliche in cambio di tangenti.
Vetro diceva: “… tornando al discorso… che mi hai fatto poco fa dei soldi… te li prendi questi…”. “Alessà sono assai questi perché io me li…non ho fatto nulla per meritarm… (si accavallano le voci)”, fa notare Cuffaro. “…sì lo so… per l’amicizia… prendili”, rispondeva Vetro. E Cuffaro concludeva: “… va beh dammi sti so… e grazie… per il futuro…”.
Sul punto la difesa di Cuffaro ha negato che sia stato consegnato denaro a Tomasino e contestato anche il contenuto dell’intercettazioni. Non si sentirebbe pronunciare la parola soldi nella parte finale, quella della consegna tramite l’onorevole Pace. Vetro ha spiegato di non avere ricevuto alcuna commessa dal Consorzio. In questo caso il no agli arresti domiciliari sembrerebbe dovuto alla mancanza di gravi indizi di colpevolezza.
Cosa scrive il gip
La Procura aveva chiesto il sequestro preventivo di 25 mila euro. Il Gip ha respinto anche questa richiesta e scrive: “La mera consegna della somma di denaro da parte di Vetro a Cuffaro ‘sganciata’ da ulteriori elementi comprovanti l’esistenza di un pactum sceleris non può reputarsi prezzo dello stesso”. Dunque sul punto non ci sarebbero i gravi indizi.

