PALERMO – I soldi a casa Cuffaro furono consegnati, ma non sarebbe stata una tangente destinata al direttore del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale. Semmai – è il giudice per le indagini preliminari a ipotizzarlo – si tratterebbe del “prezzo di una mediazione illecita” pagato dall’imprenditore agrigentino Alessandro Vetro a Totò Cuffaro.
Di fronte ad una possibile ricostruzione alternativa a quella della Procura, il Gip Carmen Salustro ha ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per contestare in fase cautelare l’accusa di corruzione agli indagati: Totò Cuffaro, il direttore del Consorzio Giovanni Tomasino e il deputato regionale della Dc Carmelo Pace.
“Tornando al discorso dei soldi”
La vicenda è quella intercettata dai carabinieri del Ros a casa Cuffaro. È qui che un giorno di aprile dell’anno scorso Vetro diceva all’ex presidente della Regione: “… tornando al discorso… che mi hai fatto poco fa dei soldi… te li prendi questi…”. “Alessà sono assai questi perché io me li… non ho fatto nulla per meritarm… (si accavallano le voci)”, faceva notare Cuffaro. “… sì lo so… per l’amicizia… prendili”, rispondeva Vetro. E Cuffaro concludeva: “… va beh dammi sti so… e grazie… per il futuro…”. Si sentiva Vetro contare delle banconote fino a raggiungere la cifra di 25, 30 mila euro.
Per contestare la corruzione deve entrare in gioco un pubblico ufficiale. Che in questo caso sarebbe Tomasino, il quale in cambio dei soldi, così ipotizza la Procura, avrebbe assicurato all’imprenditore Vetro un vantaggio nelle future gare del Consorzio. Non risultano commesse già assegnate a Vetro.
“Interesse e supporto politico”
Una cosa è certa e il Gip lo mette per iscritto: “L’esistenza di un interesse diretto da parte di Cuffaro volto a preservare il ruolo ricoperto da Tomasino all’interno del Consorzio, da un lato, una richiesta di supporto al politico da parte del direttore, dall’altro”.
Fu a Cuffaro che Tomasino si rivolse quando nel marzo 2024 temeva che l’assessore regionale Luca Sammartino lo sostituisse alla guida del Consorzio. Cuffaro e Sammartino arrivarono ai ferri corti: “Vuoi fare questo sfregio a me a Palermo?”; “Non voglio fare questo sfregio”.
Il commissario straordinario del Consorzio Baldassare Giarraputo aveva sollevato la questione della nomina dei membri delle commissioni di gara indette dall’ente. Nel 2017 Tomasino aveva rinunciato a presiedere le commissioni, conservando il potere di nominare i componenti. Una scelta non casuale, scrivono i pm, “condivisa con Cuffaro”, per evitare le incompatibilità ma continuare ad esercitare il controllo.
Lo scontro Cuffaro-Sammartino
Cuffaro aveva rassicurato Tomasino. Era pronto ad “aprire la guerra” pur di difendere “il nostro direttore” e lo aveva detto in faccia a Sammartino convocato a casa sua: “Se tu non torni indietro non è che ti scasso la minchia sui consorzi di bonifica, io te la scasso su tutto forse non l’hai capito”.
Anche secondo il Gip, “il contenuto delle conversazioni rivela evidentemente un interesse che, sia pur in parte dettato da una conoscenza personale e da motivi strettamente politici, da tali circostanze prescindeva, investendo anche ragioni di tipo economico”.
Non sono, però, stati raggiunti “termini di certezza” e “di gravità” nel caso delle conversazioni fra Vetro e Cuffaro. Gli avvocati di Cuffaro – Giovanni Di Benedetto e Marcello Montalbano – e quelli di Pace – Rosaria Giacomazzo e Lillo Fiorello – hanno contestato anche il contenuto della trascrizione dell’intercettazione.
Non si sentirebbe la parola chiave, “soldi’, nella parte finale della conversazione. Dopo avere ricevuto il denaro da vetro Cuffaro contattò Tomasino (“… ma vieni o no Gigi?”; “certo che vengo”) affinché Pace – così ha ricostruito la Procura – consegnasse il denaro al direttore generale all’Ars dove era in programma una riunione di commissione. “Lo fai venire là e gli dai i soldi”, diceva Cuffaro dopo avere chiuso la telefonata con Tomasino.
“L’ascolto dell’audio, sia pur con strumenti ordinari, in effetti, risulta non agevole – spiega il giudice – in considerazione del tono quasi impercettibile usato dai coindagati nel corso del dialogo, e, per certi aspetti, rivela delle imprecisioni rispetto a quanto trascritto soprattutto, ma non solo, con riguardo alla frase che Cuffaro avrebbe rivolto a Pace ‘gli dai i soldi’”.
Anche se avesse ragione la Procura, il Gip non esclude una ricostruzione alternativa: “Dall’esame del compendio indiziario appare più verosimile che il denaro consegnato da Vetro a Cuffaro fosse il prezzo di una mediazione illecita onerosa che questi avrebbe potuto eventualmente porre in essere, sfruttando la conoscenza col pubblico ufficiale Tomasino o con altro pubblico ufficiale, al fine di indurlo a operare in favore e a vantaggio dell’imprenditore Vetro”. Ma questo non basta a cristallizzare i gravi indizi di colpevolezza di un patto corruttivo, tanto che il Gip ha pure respinto la richiesta di sequestro preventivo della somma di 25 mila euro. Per questa ipotesi il giudice ha respinto la richiesta di arresto di Cuffaro che è finito lo stesso ai domiciliari per il concorso “pilotato” all’ospedale Villa Sofia di Palermo.

