Palermo, il carabiniere: "Minacce e cassate per vincere la gara"

Il carabiniere, l’imprenditore: “Minacce e cassate per l’appalto”

I retroscena del blitz e il presunto ruolo di un militare del Nas
"SORELLA SANITÀ 2"
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PALERMO – Il suo arresto arriva a tre mesi dalla pensione. Per Loreto Li Pomi, che tutti chiamano Lillo, luogotenente dei carabinieri, in servizio al Nas, rischia di essere una macchia indelebile nella carriera.

Ad accusarlo sono Salvatore Manganaro, imprenditore agrigentino, e il suo “socio” nelle tangenti, Fabio Damiani, alla guida della centrale regionale per gli appalti.

È Manganaro ad attribuire a Li Pomi una “azione di terrorismo nei confronti di Damiani”. Il militare sessantenne, finito ai domiciliari, avrebbe esercitato pressioni per cercare di favorire Massimiliano D’Aleo (a cui è stato imposto l’obbligo di dimora), rappresentante della Generay nella gara da 17 milioni bandita dall’Asp di Palermo per la manutenzione delle apparecchiature medicali.

Il nome di Li Pomi veniva già fuori nella prima inchiesta, nel frattempo si sono aggiunte le dichiarazioni di Manganaro e Damiani.

In principio, ha riferito Damiani, “lui iniziò a tentare approcci con me che riguardavano appunto la gara… Mi chiedeva informazioni, mi ammoniva su altre persone o comunque sul mio comportamento, su Manganaro, diceva di stare attento…”.

Poi il manager cominciò ad avere “la sensazione come se lui mi volesse far spaventare per poi invece ottenere informazioni o comunque ottenere da parte mia altre cose, cosa che poi in effetti si concretizzò”.

Alla fine arrivò la richiesta: “Mi disse che (D’Aleo, ndr) era un suo carissimo amico, che lui ci teneva molto a lui, che era un persona perbene, poi D’Aleo mi disse che alla gara a cui aveva partecipato ‘Hc’, lui aveva degli accordi commerciali con ‘Hc’, forse di subappalto. Insomma lui sarebbe stato realisticamente colui che avrebbe poi fatto le manutenzione sulle apparecchiature… Io fui un po’ meravigliato della chiarezza di questo discorso, perché Li Pomi non si era mai spinto a tanto. Mi chiese esplicitamente un appoggio cioè sulla valutazione dei progetti… La gara era già stata bandita però eravamo alla fase dell’apertura della documentazione amministrativa”.

L’ultimo appuntamento “avvenne in via Belmonte da Spinnato, era Natale 2016, al tavolo trovai D’Aleo che mi portava una cassata e questa cosa mi stupì perché eravamo in pieno centro in via Belmonte, seduti all’aperto da Spinnato, eravamo io, un maresciallo del Nas e un partecipante alla gara che era in corso. Quindi D’Aleo mi fece il regalo della cassata, bastava la sua presenza (di Li Pomi, ndr). Lui giocava molto sui messaggi non detti o sul linguaggio, il maresciallo Li Pomi. D’Aleo mi è arrivato a chiedere esplicitamente che lui voleva vincere la gara”.

“Provai disgusto per la persona, non per la torta in sé”, ha messo a verbale Damiani. Disgusto, ma anche timore per il carabiniere e il suo ruolo che Manganaro collega ad Antonio Candela, ex manager dell’Asp di Palermo, condannato in primo grado assieme a Damiani e Manganaro: “Allora il legame col funzionario nasce in nome della legge. Candela eroe decorato, è scampato all’attentato della mafia dei posteggiatori dell’Ingrassia, il sabotaggio dell’ascensore, auto con la sirena, scorta. Li Pomi non poteva che essere amico di Candela”.


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