PALERMO – Dal buco nero della latitanza di Matteo Messina Denaro spuntano altre tre pedine. Nuovo blitz dei carabinieri del Ros. Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo finiscono in carcere Leonardo Gulotta, 31 anni, Massimo Gentile, 51 anni e Cosimo Leone, 56 anni. L’ordinanza di custodia cautelare è firmata dal giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto.
L’architetto che lavora in Brianza
Ai primi due indagati, che sono anche cognati, il procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Piero Padova contestano il reato di associazione mafiosa. Gentile, originario di Campobello di Mazara, cugino di secondo grado del killer Salvatore, la cui moglie – Laura Bonafede – è stata l’amante di Messina Denaro, è un architetto e lavora come responsabile dei procedimenti del servizio Lavori pubblici del Comune di Limbiate in provincia di Monza-Brianza.
Lo hanno assunto nel 2019 e ora si occupa anche di progetti legati al Pnrr. In Sicilia aveva lavorato per la moglie di Andrea Bonafede classe 1969, che ha assistito il latitante nella trafila sanitaria. Si occupano di colture di olive ma anche di pompe funebri. Nel 2016 Gentile è stato sospeso dall’ordine degli architetti per motivi disciplinari, oggi lavora alla gestione di appalti pubblici.
Gentile avrebbe prestato la sua identità al capomafia latitante (qui le foto dei documenti) per comprare una macchina, una Fiat 500 L, nel 2014 e una moto Bmw F650 nel 2007 con cui il capomafia se ne andava in giro con una delle sue fidanzate. Un altro piccolo pezzo della vita passata del padrino salta fuori partendo da un pizzino trovato nel suo ultimo covo in via Cb31 a Campobello di Mazara.
In banca e in concessionaria
Ancora una volta le indagini ci mostrano la vita normale del latitante. Non se ne stava rintanato. Un giorno di novembre di dieci anni fa si presentò in una concessionaria di viale Regione Siciliana a Palermo per comprare una macchina con il documento di Gentile.
Le date sono importanti: nel dicembre precedente, 2013, erano stati arrestati la sorella Patrizia e il nipote del cuore Francesco Guttadauro (figlio di Rosalia Messina Denaro e Filippo Guttadauro); pochi giorni dopo l’acquisto dell’auto in carcere sarebbe finito Girolamo Bellomo, altro figlio di Rosalia, nonché marito di Lorenza Guttadauro, nipote e avvocato del padrino.
Mentre accadeva tutto questo, come se nulla fosse, il signor Massimo Gentile alias Messina Denaro entrava in una filiale bancaria in corso Calatafimi per versare 9 mila euro e chiedere l’emissione di un assegno circolare. In banca mostrò un documento con le generalità di Gentile e la sua fotografia. Firmò un modulo dove diceva di essere nato a Erice e di essere un commerciante di abbigliamento.
Poi, con l’assegno in tasca, andò a comprare la macchina aggiungendo mille euro in contanti. La 500 L negli anni seguenti sarebbe stata ceduta alla madre di Andrea Bonafede, il geometra fra i primi ad essere stato arrestato, per comprare la Giulietta soprannominata “Margot” nei pizzini.
In concessionaria lasciò il numero di cellulare. Il latitante usava l’utenza, ma l’intestatario era Leonardo Gulotta. Stessa cosa sarebbe avvenuta altre volte, anche in occasione della stipula delle assicurazioni. A Gulotta, bracciante agricolo, viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Il bollo in tabaccheria
Precedente è l’acquisto della Bmw modello F650 comprata dal falso Gentile di seconda mano da un privato. Per anni Messina Denaro si è recato nelle tabaccherie di Campobello di Mazara per pagare il bollo. L’ultima volta il 7 gennaio precedente al suo arresto davanti alla clinica La Maddalena di Palermo. Lo scontrino del pagamento era nel covo di via Cb31.
Il vero Gentile avrebbe rottamato il mezzo nel 2016. Circostanza strana: un promemoria della rottamazione è stato trovato nella gamba della sedia a casa di Rosalia Messina Denaro dove c’era pure il diario clinico del capomafia che ha consentito di arrivare alla cattura.
Il “gancio” in ospedale
Ed è nella trafila sanitaria che avrebbe avuto un ruolo importante Leone, tecnico radiologo dell’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo. Messina Denaro ha scoperto di avere un tumore da una colonscopia effettuata a Marsala il 3 novembre 2020, il 6 novembre riuscì a farsi visitare subito da un chirurgo dell’ospedale di Mazara del Vallo e a ricoverarsi il 9 novembre per operarsi.
Ad accompagnarlo c’era sempre Andrea Bonafede, l’operaio comunale poi arrestato e condannato. Il gancio interno e riservato sarebbe stato Leone. Il 10 novembre, in vista dell’intervento chirurgico, il latitante ha eseguito una Tac all’addome. Era stata programmata all’inizio per il 20 novembre ma fu anticipata prima al 17 e infine al 10. Era presente Leone che si sarebbe fatto cambiare il turno per esserci.
E sarebbe stato sempre Leone, il 14 novembre, a consegnare al latitante un nuovo cellulare per mettersi in contatto con Bonafede. Le vicende sanitarie sono le più delicate e si continua a indagare. I pm e il gip sottolineano il silenzio di chi ha avuto in cura Messina Denaro e non si è fatto avanti per aiutare gli investigatori.
Il sindaco di Campobello: “Nuovo colpo a chi proteggeva il superlatitante”
“La minuziosa e complessa attività investigativa condotta dalla Procura e dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, continua a dare risultati, aggiungendo nuovi tasselli all’indagine che sta portando alla luce e sta smantellando tutta la rete di fiancheggiatori che hanno consentito la protezione del superlatitante anche nella nostra città negli ultimi anni, con grande danno all’immagine di tutti gli onesti e ignari cittadini della nostra città”. Lo afferma il sindaco di Campobello di Mazara, Giuseppe Castiglione. “Ancora incredulo e indignato per l’insospettabilità degli arrestati, ringrazio, dunque, nuovamente i magistrati e le forze dell’ordine per l’importante operazione odierna, – aggiunge – che assesta un nuovo colpo alla rete di protettori del superlatitante, contribuendo passo dopo passo, finalmente, alla completa liberazione del nostro territorio dalla mafia”.