Ma che senso ha questa manipolazione genetica? A chi giova l’accanimento terapeutico forzoso? Un uomo assennato penserebbe mai a Palermo come a una città amministrata (bene o male) da un sindaco o da una giunta? Evidentemente, no. Siamo in una comunità non governata, con lo spirito pubblico al lumicino, preda di istituzioni inerti, a loro volta tra le grinfie di uomini impresentabili. Dunque, non ci appassionano i rimpasti di giunta veri o presunti. Notiamo che sono tornati insieme, uniti nel medesimo abbraccio, soggetti che fino a ieri dicevano peste e corna l’uno dell’altro, dopo un sodalizio rotto e celebre. Quel tipo di unione contro-natura che ha permesso a Diego Cammarata di diventare sindaco di Palermo, con la complicità colpevole dei palermitani.
E mentre la municipalità lague, colta dalla peste dei suoi sentimenti e delle sue ragioni, qual è la notizia all’ordine del giorno? Accidenti, il ritorno dei miccicheiani alla corte di Diego, con una teoria di incarichi e nomi che appartengono alla categoria del volpinismo politico. Una piaga che ha già bombardato il senso del vivere comune, rendendolo simile a un residuato bellico.
Venga avanti, chi vuole, tanto non cambierà nulla. Lo schifo di Palermo è destinato a durare. Anche l’ultimo briciolo di dignità si è consunto. Ormai siamo un atollo sperduto per gli esperimenti politici, per la quadratura del cerchio delle poltrone altrui.