Palermo, Ballarò regno mafioso dei Mulè: 16 condanne

Palermo, Ballarò regno mafioso dei Mulè: 16 condanne NOMI e PENE

Droga, pizzo e la riffa imposta ai commercianti

PALERMO – La Procura aveva chiesto condanne pesanti. C’è un solo assolto al processo che vedeva imputati presunti boss e gregari della famiglia mafiosa di Palermo centro. A cominciare da Francesco e Massimo Mulè, padre e figlio, mafiosi di Porta Nuova.

Il loro regno è da sempre Ballarò. Sono stati condannati con il rito abbreviato dal giudice per l’udienza preliminare Rosario Di Gioia rispettivamente a 16 anni e 11 anni e 4 mesi (per Massimo Mulè è caduta l’accusa di essere stato il capo e promotore dell’associazione). Le loro non sono le condanne più pesanti.

Gli imputati e le condanne

Queste tutte le condanne scontate di un terzo: Francesco Mulè 16 anni, Massimo Mulè 11 anni 4 mesi, Gaetano Badalamenti 19 anni e 8 mesi, Francesco Lo Nardo 8 anni, Giuseppe Mangiaracina 10 anni, Alessandro Cutrona 20 anni, Calogero Leandro Naso 10 anni, Salvatore Gioeli 8 anni, Antonio Lo Coco 6 anni e 8 mesi; Alessandro Adamo 6 anni e 8 mesi, Antonino Pisano 6 anni e 8 mesi e Simone Abate 6 anni e 8 mesi; Salvatore Maddalena 4 anni, Giovanni Maddalena 4 anni; Giuseppe Civilletti 4 anni e 8 mesi.

Unico assolto Giuseppe Campisi.

L’accusa era rappresentata dai pubblici ministeri Giovanni Antoci e Gaspare Spedale. I Mulè hanno trascorso una fetta della loro vita in carcere. Il padre ha rischiato di restarci per sempre. Nel 2018 la scarcerazione inaspettata. Stava scontando l’ergastolo, ma aveva goduto di una legge, la Carotti, rimasta in vigore pochissimo tempo. Tanto quanto è bastato al 77enne killer di venire scarcerato dopo 23 anni trascorsi in cella.

Sotto processo altri volti noti come Gaetano Badalamenti che si porta dietro una scia di soprannomi: “Zio”, “il romano”, “Mangeskin”. Ha già riportato condanne irrevocabili per associazione mafiosa, rapina, ricettazione, estorsione, sequestro di persona, traffico di droga e armi. Sarebbe tornato ad occuparsi di estorsioni.

L’inchiesta dei carabinieri svelò l’esistenza della riffa, una forma di pizzo mascherato. Commercianti e bottegai sarebbero stati costretti a comprare i biglietti per le estrazioni da Alessandro Cutrona. I soldi servivano per mantenere la filiera criminale.

Cutrona, che ha riportato la condanna più pesante, fece delle dichiarazioni spontanee, salvo poi ritrattare tutto in un drammatico dietrofront.


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