PALERMO – La qualità delle mascherine anti Covid e le modalità di acquisto. Sono i due punti chiave dell’inchiesta sulla fornitura milionaria gestita dalla Protezione civile siciliana. I reati ipotizzati sono “truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche” e “frode nelle pubbliche forniture”.
Sono stati dei test, eseguiti fra Catania e Modena, a stabilire che il filtraggio delle mascherine sarebbe stato inferiore a quanto certificato dalla documentazione. Una documentazione probabilmente falsificata per potere entrare dalla Cina in territorio italiano.
Gli indagati
Gli indagati sono cinque: il gelese Emanuele Mezzasalma, Carmelo Grassia di Troina e Alfio Drago di Acireale, i palermitani Luigi De Luca e Ugo Savettiere.
Sono i referenti delle società Cinecittà e Keywell. In particolare, la prima è una sas di Gela che si muove su un campo merceologico piuttosto ampio: dalla vendita dei prodotti sanitari ai telefonini. Il punto è che nell’aprile 2020, quando ha ricevuto una affidamento diretto per 7 milioni di euro, c’era la corsa ad accaparrarsi le mascherine in un momento in cui il Covid faceva pura.
E così si sono fatti avanti mediatori occasionali. Facilitatori in alcuni casi, agevolati dall’affidamento diretto senza gara delle forniture. Che merce è stata consegnata in Sicilia? Milioni di dispositivi sono stati acquistati dalla Protezione civile siciliana, a cui vanno aggiunte quelle comprate dalla struttura commissariale per l’emergenza Covid sotto la gestione dell’ex commissario Domenico Arcuri.
La filiera delle forniture
Si sta cercando in tutta Italia, Sicilia inclusa, di ricostruire la filiera. Ed ecco spuntare la figura di Luigi De Luca, funzionario delle Protezione siciliana, ai domiciliari da qualche giorno per corruzione. Era addetto alle pratiche di liquidazione delle fatture emesse da alcuni imprenditori edili intervenuti per fronteggiare casi di emergenza. Dietro pagamento di tangenti portava in fretta le pratiche per la firma sul tavolo del dirigente Salvatore Cocina.
Ora però si scopre che il suo nome è coinvolto nell’inchiesta sulle mascherine. I pm di Palermo sono in possesso delle chat che si scambiava con diversi imprenditori.