Palermo, il crack e quelle scuole lasciate sole in trincea

Palermo, il crack e quelle scuole lasciate sole in trincea

I furti, i sassi, gli assalti. E quell'immagine che fa più male di tutto.

Cosa fa più male, anche sulla pelle di rinoceronte di una città che celebra i simboli e, contemporaneamente, erige il monumento silente all’indifferenza? L’immagine di quella ‘pipetta per il crack’ lasciata come un o sfregio da qualcuno sopra una cattedra.

Ieri, è stato un giorno terribile per le scuole in trincea. I sassi contro le vetrate dell’istituto dello Zen e il furto, con annesso sfregio da crack, allo Sperone, raccontano una lontananza. Palermo è distanze dalle sue trincee a cui offre belle parole, volatili come le promesse degli ipocriti.

Quella bottiglietta da ‘noi ragazzi dello zoo della droga’, dunque. Messa lì come un segno con molti incroci. Un verosimile insulto – più difficile pensare a una dimenticanza – nel luogo che costruisce il racconto di una vita migliore. Una sporca bandiera piantata, con la ferocia di una miserabile conquista. Un sintomo di atroce disperazione da parte di chi nemmeno sa quanto sia profondamente disperato.

Sono teatri differenti di una identica emergenza. La scuola dello Sperone, con la preside Antonella Di Bartolo che offre il suo impegno da anni. La scuola dello Zen, con la dolorosissima vicenda della preside, Daniela Lo Verde, e un nuovo reggente, il professore Domenico Di Fatta, pronto alla battaglia per il futuro.

C’è un altro aspetto che accomuna i contesti: è l’abbandono. I quartieri e le loro trincee benigne avrebbero bisogno di uno sguardo quotidiano, di uno sforzo, di un salto di qualità della politica e dell’intera comunità. Nel giro di pochi minuti si perdono e si guadagnano vite. Ma la placida Palermo ama la retorica, non l’azione. Ama i suoi eroi defunti, perché non disturbano più con la loro coerenza. Gli stessi martiri che lasciò isolati, in una sua rappresentanza non piccola, quando erano vivi. (rp)


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