PALERMO – Lo scoppio della guerra in Ucraina è solo l’ultimo degli aspetti. Il conflitto si somma a una situazione che era già critica da mesi. Il costo del pane è sensibilmente aumentato, secondo le stime di Assopanificatori Confesercenti, almeno di un euro al chilo mentre i panifici hanno subito un raddoppio dei costi. Adesso la crisi alle porte dell’Europa minaccia ancora una volta il settore. E se i fornai non ridono, neanche i cerealicoltori guardano con favore alla prossima stagione. La guerra fra Russia e Ucraina farà alzare i costi ancora di più è avrà poca influenza sul costo del grano. Se nessuno ci guadagna, che sta succedendo?
Il primo scenario è quello che interessa il consumatore finale. Il prezzo del pane tornerà a crescere? Secondo Massimiliano Sammarco, responsabile di Assopanificatori-Confesercenti “è impossibile continuare a fare salire il costo del pane, i clienti non lo accetterebbero”. Intanto però, spiega Sammarco, i forni subiscono “aumenti da mesi e mesi”. Da circa otto mensilità la situazione è incontrollata. Sono aumenti che riguardano le farine ma anche le altre materie prime, la luce e il gas. “La farina bianca – esemplifica Sammarco – è raddoppiata. Costava 40 centesimi e ora la acquistiamo a 80. La farina rimacinata costava 60 centesimi e oggi ne costa 90”. Poi c’è il caro bollette che ha portato al raddoppio delle spese dell’energia. “Chi pagava mille – spiega il responsabile di Assopanificatori – oggi paga duemila. Per il bilancio annuale di un panificio c’è un aumento dei costi di almeno 30mila euro”.
Ma spiega l’uomo di Confesercenti la vendita del pane ha pure una funzione sociale. “Non possiamo aumentare il pane ogni settimana – dice Sammarco – : non possiamo scaricare gli aumenti constanti sui consumatori. Già l’aumento al chilo c’è stato e al momento si prova a evitare un ulteriore innalzamento del costo del pane facendo economie all’interno dell’attività”.
A ben guardare però di questa maggiore ricchezza a favore dei produttori delle materie prime non beneficiano se non in minima parte gli agricoltori siciliani e anche la crisi Ucraina con una diminuzione delle scorte potrebbe essere all’origine di nuovi costi piuttosto che di maggiori guadagni.
“Dall’Ucraina e dalla Russia – spiega Ignazio Gibiino, cerealicoltore ed esponente di Coldiretti – noi importiamo una quantità molto modesta di grano duro perchè importiamo principalmente grano tenero, soia e mais. La guerra influirà principalmente sul settore zootecnico perchè mais e soia sono introdotti all’interno della dieta degli animali. Cresceranno i mangimi e così anche i costi che dovranno affrontare maggiori costi di produzione a fronte di un immutato prezzo del latte. Sicuramente una minore importazione di grano tenero produrrà un aumento di quello che già c’è in circolazione nel mondo. Ci potrebbero essere aumenti quindi sia nel mercato del pane, della pasta e dei dolci”.
Ma non finisce qui. “La Russia spiega – Gibiino – ha annullato l’esportazione di azoto, un importante prodotto per la concimazione dei campi. Ancora una volta i costi dei concimi cresceranno ulteriormente dopo che già hanno avuto una aumento del 150 per cento”.
Rispetto al costo del grano tanto dipenderà, com’è avvenuto quest’anno, dall’influenza che avrà su di noi principale produttore di grano: il Canada. Quest’anno il prezzo è aumentato alla luce di una riduzione del 40 per cento della produzione canadese a causa della siccità. La guerra in Ucraina quindi potrebbe influire ma non in modo significativo.
Ma non occorre pensare che gli agricoltori siciliani abbiano lucrato dall’aumento del costo del grano. “Il prezzo – racconta l’esponente di Coldiretti – è cresciuto a partire da luglio e ha raggiunto il picco fra novembre e dicembre. Pochi saranno stati però gli agricoltori con grano nei magazzini o a liquidare presso i commercianti a fine anno. Tanti agricoltori avranno liquidato prima il grano per avere liquidità e quindi davvero in pochi hanno lucrato dai prezzi alti. A guadagnarci davvero sono stati piuttosto i commercianti”.
Ma il futuro riserva anche scenari foschi. “Molte aziende rischiano il fallimento – paventa Gibiino -. L’annata promette di non essere delle migliori. A causa delle piogge di fine anno abbiamo seminato sotto l’acqua ma ora viviamo il fenomeno siccitoso. C’è chi non è riuscito a seminare e chi invece ha campi con il frumento ancora piccolissimo”. Insomma, l’annata sarà cattiva mentre costi elevati sono stati affrontati.