Palermo, debiti partecipate e pugno duro del Comune: è polemica

Palermo, debiti delle partecipate e pugno duro: scontro al Comune

Le misure della giunta portano allo scontro con Fi

PALERMO – Le società partecipate continuano a essere una spina nel fianco per il comune di Palermo. Disallineamenti, servizi non riconosciuti o riconosciuti ma senza copertura finanziaria, contratti di servizio da aggiornare, buchi da coprire, contenziosi da chiudere e documenti da spulciare, con i dirigenti di Palazzo delle Aquile costretti a bussare alle porte della società in veste di ispettori per farsi consegnare alcuni documenti.

Pugno duro del Comune

Il piano di riequilibrio, per dirla con le parole della Varchi, rappresenta “il vademecum comportamentale dei prossimi dieci anni del Comune e delle aziende” e in effetti contiene misure ben precise, messe nero su bianco in una nota inviata all’Amap a metà luglio. Per evitare nuove sbavature, sono state adottate misure draconiane in vigore già da quest’anno: contenimento dei costi, eliminazione dei disallineamenti, monitoraggio periodico della gestione per intercettare in tempo eventuali situazioni di crisi, nuovi contratti di servizio entro il 2024 con eliminazione dei servizi in perdita o svolti male. E ancora approvazione preventiva degli acquisti da parte del Comune, riduzione degli incarichi esterni che comunque dovranno prima passare dal socio unico, stretta sulle spese di rappresentanza e pubblicità.

I cordoni della borsa si stringono soprattutto per il personale, con un taglio dei costi per la contrattazione di secondo livello (con controllo prima della firma con i sindacati) di almeno il 5% rispetto al 2021 e del 30% in dieci anni, il divieto di assegnare mansioni superiori o di procedere a progressioni verticali se non previste, la riduzione del contenzioso. Insomma, le aziende vengono praticamente ingessate: se non si tratta di un commissariamento, poco ci manca.

Quanto costano le partecipate

Del resto il capitolo delle partecipate vale un terzo del bilancio comunale, consuntivo alla mano: nel 2022, su una spesa di 748 milioni di euro, ben 246 sono serviti a pagare Amap, Amat, Amg, Rap, Reset, Sispi e la quota della Srr. La parte del leone la fa Rap che si occupa di rifiuti, a cui Palazzo delle Aquile ha dato 128,6 milioni di cui 123,8 per l’igiene ambientale, 2 per derattizzazioni e 2,8 per la manutenzione straordinaria su strade e marciapiedi. Il secondo gradino del podio se lo aggiudica l’Amat con 59 milioni, di cui però 35,4 a carico della Regione, 20,8 per il trasporto pubblico  e 2,7 per la segnaletica. La “medaglia di bronzo” va a Reset con 30,7 milioni, seguita da Sispi con 10,2 milioni, Amg con 8,8 e Amap con 5,1 per manutenzione e pulizia caditoie. Fanalino di coda la Srr con 3,4 milioni. Il problema è che, oltre a queste somme, ci sono i crediti vantati dalle aziende nei confronti del Comune che sono o privi di copertura finanziaria o, peggio, non riconosciuti da piazza Pretoria, il che vuol dire debiti fuori bilancio o nuovi contenziosi.

Restano i disallineamenti

I servizi svolti dalle partecipate e riconosciuti dal Comune nel 2022 ammontano a 92,3 milioni, di cui però solo 52,4 coperti con fondi certi e quasi 40 invece scoperti (anche se in diminuzione rispetto all’anno precedente di 23,4 milioni). L’elenco delle voci è sconfinato ma salta all’occhio addirittura una fattura emessa da Amat nel 2000 per la conferenza Onu, pari a 62 mila euro e che ad oggi risulta non saldata.

C’è poi il capitolo delle partite non riconciliate, cioè quei servizi che Palazzo delle Aquile non ritiene di dover pagare anche se già svolti, e che valgono 21 milioni, su per giù come nel  2021: 1,5 di Amap per forniture idriche dal 2014 a oggi; quasi 8 milioni vantati da Amat per autobus, tram e ausiliari;  848 mila euro pretesi da Amg con fatture che risalgono al 2008. Discorso a parte per Rap che nei suoi bilanci presenta 32 milioni di crediti, riconosciuti dal Comune ma al momento non in cassa (di cui gran parte riferiti al trattamento del percolato), e ben 9,5 milioni di partite non riconciliate dovuti agli extra costi per la sesta vasca di Bellolampo.

Lo scontro con Forza Italia

Le nuove misure però hanno messo in allarme Forza Italia che da tempo sembra particolarmente in sintonia con l’amministratore unico di Amap, Alessandro Di Martino, nominato da Leoluca Orlando ma ancora alla guida dell’azienda. “Le partecipate sono state trasformate in semplici ‘passacarte’ – attacca il capogruppo degli azzurri Gianluca Inzerillo – Le competenze manageriali sono di fatto azzerate e paralizzate dal veto permanente di funzionari comunali che dovranno essere in grado di affrontare questa mole di lavoro e prendere decisioni importanti, spesso vitali per le società coinvolte. È comprensibile che, a seguito dell’accordo con lo Stato, si debbano adottare opportune cautele ma si parte dal presupposto che gli organi amministrativi appena nominati non diano le garanzie necessarie e parallelamente, novità assoluta, che i tanto criticati uffici comunali si trasformino in virtuosi centri decisionali”.

Picchia duro anche Domenico Macchiarella, coordinatore cittadino di Forza Italia ed ex amministratore di Amg Energia: “Ci chiediamo come questa direttiva, che di fatto tende a commissariare le partecipate, tutte e non solo quelle meno virtuose, possa essere compatibile con la necessità di rispettare indicazioni e vincoli posti delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Società come Rap, Amap e Amg Energia devono attenersi alle indicazioni dell’autorità per quanto riguarda i livelli minimi di qualità per gli aspetti tecnici, contrattuali e per gli standard di servizio. Nutro dubbi anche sulla compatibilità di tutto questo con la legge di riordino dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e mi chiedo, soprattutto, in forza di quali competenze industriali e di settore gli uffici comunali procederanno e chi pagherà le eventuali sanzioni”.


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