Strage Borsellino, i pm: "Cointeressenze istituzionali"

Depistaggio Borsellino: “Hanno coperto i mandanti esterni”

L'appello dei pubblici ministeri contro la prescrizione e l'assoluzione
PAROLE DURISSIME
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PALERMO – Un atto d’appello duro, nella forma e nella sostanza. Il procuratore della Repubblica di Caltanissetta e il sostituto Maurizio Bonaccorso è certa della colpevolezza degli imputati del processo sul cosiddetto “depistaggio” nelle indagini sulla strage di via D’Amelio. Nell’eccidio del 1992 morirono Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Lo scorso luglio il Tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritto il reato di calunnia aggravato contestato ai poliziotti Mario Bo e Luigi Mattei e ha assolto il terzo poliziotto imputato, Ribaudo. A fare scattare la prescrizione il fatto che non è stata contestata l’aggravante di avere agevolato Cosa Nostra.

“Evidenti difficoltà”

I pubblici ministeri parlano di “evidenti difficoltà dei giudici di primo grado nelle operazioni di analisi e valutazione dell’imponente materiale probatorio”. La spia di tale difficoltà “la si ricava, oltre che da un estenuante ricorso al copia e incolla delle precedenti sentenze, da contraddizioni e profili di illogicità che talvolta la motivazione presenta, vizi nel ragionamento conseguenza di una parcellizzazione del quadro probatorio e di una scelta di semplificazione consistente nella adagiarsi alle conclusioni già raggiunte dai giudici del Borsellino quater”.

Perché furono imbeccati i falsi pentiti, su tutti Vincenzo Scarantino? Secondo il Tribunale, Arnaldo La Barbera, il superpoliziotto che guidava Gruppo investigativo specializzato Falcone-Borsellino, voleva fare carriera e non c’è la prova che fosse un concorrente esterno all’associazione mafiosa.

“Non solo per fare carriera”

Ed invece secondo i pm, “la valutazione complessiva delle risultanze probatorie offre un quadro estremamente chiaro delle motivazioni che hanno spinto il dottor La Barbera a commettere gli abusi e i gravi illeciti nella conduzione delle indagini sulla strage di via D’Amelio: da un lato certamente anche la finalità di carriera ma soprattutto la necessità di mantenere le indagini su un livello tale da non disvelare i rapporti di cointeressenza che Cosa Nostra ha avuto nella ideazione e nelle esecuzione della strage con ambiente esterni alla stessa”.

Il passaggio successivo è ancora più chiaro: “Il depistaggio ha contribuito a non intaccare i rapporti di collusione di Cosa Nostra con quegli ambienti istituzionali cointeressati e coinvolti nella esecuzione della strage, rapporti essenziali per la sopravvivenza e rafforzamento della consorteria mafiosa“.

“Totale adesione al disegno criminale”

I poliziotti sotto processo – La Barbera è deceduto – godevano della piena fiducia del capo. I pubblici ministeri si chiedono perché gli “operatori di polizia giudiziaria hanno accettato di commettere gravissimi reati, tra cu le violenze fisiche subite dai collaboratori di giustizia per indurli a mentire e i suggerimenti per riempire i verbali delle bugie infine smentite da Gaspare Spatuzza.

La risposta “non può in alcun modo essere limitata ad una semplice finalità di carriera per l’evidente sproporzione esistente tra l’eventuale scopo perseguito e la gravità delle condotte illecite poste in essere”. I poliziotti non solo erano “consapevoli” del piano di La Barbera, la loro sarebbe stata “una totale adesione al disegno criminale perseguito“.


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