PALERMO – Semplici spacciatori o addirittura capi. Quattordici anni uno, diciassette gli altri due. L’inchiesta sullo spaccio di droga allo Sperone svela la storia di tre ragazzini che hanno bruciato le tappe nel mondo della criminalità. Troppo giovani per non tentare di salvare delle vite altrimenti destinate a perdersi.
Spacciavano i fratelli, i padri e le madri. E hanno finito per spacciare anche loro come se fosse una cosa normale. All’inizio sono stati scelti perché davano meno nell’occhio quando cedevano le dosi di cocaina, crack, hashish e marijuana davanti alle scuole. Poi sono diventati affidabili per altri incarichi più delicati.
Come il ragazzino che a soli 17 anni si era guadagnato la piena fiducia di Giovanni Nuccio, considerato l’uomo forte dell’organizzazione. Fiducia piena a tal punto da avergli affidato la gestione delle forniture e degli incassi. Le microspie piazzate dai carabinieri della compagnia di San Lorenzo dentro le abitazioni dello Sperone hanno registrato la sua piena operatività.
È stato intercettato mentre contava il denaro: “Ottanta, novanta e cento. Cento… duecento, trecento, quattrocento, cinquecento… seicento, settecento… e ottocento. Questi dovrebbero essere trecento e rotti…”. Oppure mentre faceva il punto sulle scorte di droga ancora disponibili: “Abbiamo fatto tre pacchettini per fumare e trenta per tirare”.
Sono cresciuti troppo in fretta. Gli adulti hanno dato loro il peggiore degli esempi. Stessa cosa avviene per i bambini. Sono stati immortalati nelle case monitorate dagli investigatori seduti al tavolo mentre i grandi parlano degli affari della droga o in cameretta. Loro giocano, gli adulti tagliano la cocaina.