"Palermo è una città di macerie | Il prossimo sindaco sarà leghista" - Live Sicilia

“Palermo è una città di macerie | Il prossimo sindaco sarà leghista”

Una città difficile. La fragilità di una speranza. E uno scrittore che non le manda a dire.

“Palermo è una città che si accinge a tornare in macerie, il prossimo sindaco, verosimilmente, sarà un leghista”.  Roberto Alajmo – essenzialmente, purissimo scrittore – ci ha abituati alla bellezza e alla chiarezza della parola, fin troppo bene. Qui si dimostra, nel corso di una breve chiacchierata, che possono piovere pure metaforici schiaffoni.

Roberto, riformulo la domanda: a che punto è Palermo?

“In uno dei suoi momenti ‘giù’ che periodicamente ritornano. Ma non sono d’accordo sull’assenza di speranza”.

Perché?

“Perché, quaggiù, la speranza durante le gelate si tiene chiusa nei cassetti, come un seme da piantare. E si tira fuori quando arriva la stagione giusta”.

E quando sarà il prossimo passaggio?

“Fra una decina d’anni. Non sono pessimista ma nemmeno ciecamente ottimista”.

Ancora una volta: perché?

“Perché l’amministrazione strada facendo ha perso quella che potremmo definire la sua spinta propulsiva. E poi io mi sono convinto di una cosa…”.

Di cosa?

“Premessa: è un paradosso letterario. Mi esprimo da scrittore, come se parlassimo della trama di un romanzo. Ma è un romanzo che qualcuno sta scrivendo, secondo me”.

Andiamo al dunque.

“Mi sono fatto l’idea che esista un disegno, magari inconsapevole, per portare un sindaco leghista a Palazzo delle Aquile”.

Da parte dei leghisti? Mi pare normale.

“Persino ovvio. Ma penso a qualcuno di insospettabile. Qualcuno che forse inconsciamente, a un certo punto ha cominciato a desiderare il diluvio dopo di sé. Qualcuno che vuole essere ricordato come il migliore, il campione indiscusso, l’ultimo baluardo”.

Cioè, il sindaco Leoluca Orlando? Possibile?

“Attenzione, mi riferisco, beninteso, a un Orlando letterario e percepito, non discuto di quello che davvero lui pensa e crede, perché non lo so. E’ una fantasia da scrittore. Però mi pare una trama avvincente e non inverosimile”.

Avvincentissima. Soprattutto per i leghisti.

“Finirà così. Il prossimo sindaco sarà un leghista, o un uomo di destra. E, confrontato al susseguente disastro, Orlando sarà ricordato come il migliore sindaco di Palermo. Lo è stato senz’altro. Peccato che nel frattempo la città sia rimasta sotto le macerie del suo ego”.

Cosa è accaduto?

“Tornando alla speranza e ai semi, non è stato piantato qualcosa di abbastanza duraturo, tutto è stato scritto sulla sabbia, e molto vicino al mare. Basterà un’ondata per cancellarlo. E torniamo ancora alla provocazione: il disegno per cui la speranza orlandiana non deve sopravvivere al suo creatore. Secondo me ci sono gli estremi per parlare di autosabotaggio. Prendiamo le isole pedonali…”.

Argomento trafficato.

“Io ho rinunciato alla macchina da dieci anni, ma non ci si può basare solo sulla buona volontà dei cittadini. Una vera pedonalizzazione ha bisogno di un’efficiente rete di trasporto pubblico che, a Palermo, continua a non esserci. Pare quasi che ci sia, invece, una volontà punitiva: non devi prendere l’auto, ma io, in alternativa, non ti offro niente. Non amo le amministrazioni che blandiscono gli elettori, ma qui si esagera in senso opposto. Parliamo dei cantieri?”.

Già, i cantieri.

“A Palermo si aprono in continuazione e non si chiudono mai. Di certuni nemmeno si ricorda perché sono stati aperti. Si esagera quasi a bella posta, come se si volesse penalizzare la cittadinanza. Ecco il disegno di autosabotaggio di cui sopra”.

Cosa resterà ai successori allora?

“Se andiamo col pensiero al centrosinistra, un guscio vuoto, temo. Vedo tanti possibili eredi o presunti figli spirituali che si accapigliano per una eredità che, alla lettura del testamento, consisterà solo nei debiti. Chiunque sarà il prossimo candidato sindaco progressista non otterrà più del venti per cento”.

I soliti maligni potrebbero commentare: ecco, Alajmo critica da quando non è più direttore del Teatro Biondo.

“Sarebbe un’obiezione comprensibile, ma la risposta è semplicissima: chi rappresenta un’istituzione ha il dovere di contenere la sua libertà d’espressione per rispetto del ruolo che interpreta pro-tempore. Per cinque anni quel che pensavo me lo sono tenuto per me. Ora se vedo qualcosa che non funziona posso esprimermi più liberamente”.

Senza rancore?

“Ho persino detto che è stato il più grande sindaco di Palermo! Più generoso di così…”.

 

 

 

 


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