PALERMO – Nell’aula della Corte di assise presieduta da Vincenzo Terranova viene pronunciata la parola “ergastolo”. Carcere a vita per Salvatore Fernandez, reo confesso dell’omicidio del boss Giuseppe Incontrera. Passa la tesi dell’accusa: fu un delitto premeditato. Il legale della difesa, l’avvocato Salvatore Ferrante, aveva provato a sostenere la tesi della reiterata provocazione e della paura che la vittima volesse fare del male ai familiari dell’assassino.
Pedinato e ucciso
Incontrera, boss emergente della mafia, fu assassinato alla Zisa nel giugno 2022. Secondo la ricostruzione dei pubblici ministeri Gaspare Spedale e Luisa Bettiol, Fernandez pedinò il boss, attese che scendesse da casa e gli sparò in via Principessa Costanza. Una vendetta perché Incontrera, noto per i suoi metodi violenti, aveva maltrattato uno dei figli dell’imputato dopo il furto “non autorizzato” di un motorino.
La confessione
Il delitto sarebbe stato premeditato, ma senza aggravante mafiosa nonostante la caratura criminale della vittima che si era fatta largo nel mandamento di Porta Nuova. Era consuocero di Giuseppe Di Giovanni che viene considerato il reggente mafioso ma è a piede ibero perché sono scaduti i i termini di custodia cautelare. Nella sua confessione Fernandez disse “Ho ucciso Giuseppe Incontrera, l’ho ucciso venerdì mattina. Abbiamo avuto una lite qualche mese fa per un incidente che abbiamo avuto nel quartiere. Io ero con il mio motore e lui con il suo. Il mio motore era uno Scarabeo che poi ho venduto”.
Microspie alla veglia funebre
Lo sapevano tutti che l’assassino era stato Salvatore Fernandez. Lo sapevano prima che i carabinieri lo individuassero e che confessasse il delitto ormai messo con le spalle al muro. Neppure i parenti del boss assassinato alla Zisa erano rimasti sorpresi. La notte del delitto, durante la veglia funebre “a distanza” (il corpo si trovava alla Medicina legale per l’autopsia) i carabinieri accesero le microspie in casa Incontrera al civico 9 di via Cipressi.
C’erano la moglie della vittima, Maria Carmelina Massa, e il figlio Salvatore (gli avevano ammazzato il marito e il padre ma rimasero in silenzio e poi furono entrambi arrestati), l’altra figlia Noemi e la cognata Rita Massa. Le intercettazioni andarono avanti per tutta la notte del primo luglio 2022 e nei giorni successivi. Nelle registrazioni c’è la prova dei rapporti tesi fra la vittima e l’assassino. Una volta quest’ultimo fu convocato dal boss: “Perché l’ha mandato a chiamare e si sono spaventati… ma tu il motivo che nomini sempre a me, Giuseppe, Giuseppe, Giuseppe…”. Nelle intercettazioni si parlava di “quattro boffe” e “un colpo di legno”. “Te la sei meritata, in quel minuto stai zitto perché te la sei meritata che ti rompo la testa”, dicevano.
Violenza alla Zisa
I Fernandez non erano ben visti: “… ma tu lo sai che cosa ha fatto suo figlio ad un cristiano di 80 anni, gli ha dato un cazzotto e l’ha buttato a terra pieno di sangue la settimana scorsa, gli ruba il motore”; “Prendeva le persone vecchie a colpi di mazza… sangue dal naso li buttava a terra e mio cognato andava da lui per rimproverare suo figlio la prima volta, la seconda volta, la terza volta, la quarta volta… senza mai Dio certe volte venivano glielo fanno trovare qualche giornata dentro un sacco a questo picciutteddu”.
Si parlava di colpi di pistola “sparati alla macchina del figlio” e di qualcuno che “aveva combinato un inferno da quando che è uscito questo u russu (soprannome di un amico di Fernandez ndr) … si infilavano dalle finestre dentro le case delle persone ma ti dico c’era un macello”. La conclusione dei parenti di Incontrera era amara: “Un fango come questo si doveva mangiare un leone”.
In ginocchio davanti al boss
Secondo la difesa, il delitto non sarebbe stato premeditato. Fernandez decise di uccidere nelle ore antecedenti al delitto “perché sapeva che per lui c’era un plotone di esecuzione pronto. Se avesse riflettuto di più su questo fatto non lo avrebbe ucciso”. E racconta un episodio venuto fuori dalle intercettazioni dei parenti della vittima: “Fernandez portò il figlio al cospetto del boss per farlo picchiare nella speranza che la vicenda si chiudesse lì. Sui inginocchiò davanti a lui. Ha temuto che il figlio venisse infilato dentro un sacco. Un conto è quando si uccide un capomafia, un altro quando si uccide, come in questo caso, perché viene presa di mira la propria famiglia”.