PALERMO – C’è una toga sulla bara di Santi Magazzù, la stessa che ha indossato nei suoi 63 anni di professione. “Non ha fatto l’avvocato, è stato l’Avvocato”, dice Dario Greco, presidente dell’Ordine di Palermo, prendendo la parola a conclusione della cerimonia funebre. La chiesa di San Francesco di Paola è gremita. Tanta gente è rimasta fuori.
Era stimato, Magazzù. Si capisce dalle frasi pronunciate. Sono genuine e non di circostanza. “È stato il numero uno – aggiunge Greco – capace di essere faro per le nuove generazioni”. Un esempio non solo per le sue doti professionali (“aveva l’intuizione di risolvere i fatti concreti), ma “per la capacità di farsi carico del dolore e delle istanze dei suoi clienti. Sempre cortese nei rapporti con i colleghi e i magistrati”.
Greco non ha dubbi: “La sua toga è l’eredità morale che lascia a tutti noi, ad Alessandra e Toto (i figli seduti in prima fila) che hanno seguito le sue orme, ma anche per Vittorio e Giulio (i nipoti) che hanno seguito un’altra strada. Se la nostra professione serve a qualcosa lo dobbiamo a persone come lui“.
Il ricordo intimo spetta al nipote Giulio. Dedica una poesia al nonno, che amava scrivere in versi. Il vino, i viaggi, le risate, la passione per il calcio (c’era anche lui nella dirigenza del Palermo vincente di Maurizio Zamparini): “Oggi non ci si meraviglia della sua grandezza”.
La figlia Alessandra si commuove leggendo la lettera ricevuta da Francesco Greco, presidente del Consiglio nazionale forense che ne sottolinea “la cultura giuridica, la genialità e la signorilità”. L’ultimo ricordo è dell’avvocato Giovanni Di Benedetto. “Figura immortale”, lo definisce. Per ciò che ha insegnato e per ciò che ha lasciato.