(Roberto Puglisi) Perfino la droga, nel vocabolario provinciale di una città, può diventare gossip. E’ un riflesso condizionato, una escrescenza sociale che deriva da una definizione mostruosa e letteraria: quella della ‘Palermo bene’. La cosiddetta ‘Palermo bene’ – o Palermobbane nello sfottò a filo di pronuncia – si muoverebbe negli sguardi di coloro che la osservano, mentre passa. Ed è lì – starebbe lì – con i suoi calici di vino, con – sempre secondo vulgata – i suoi ‘pacchi di soldi forse male guadagnati’. Leggera e inconsistente, con, in qualche segmento, i suoi nasi imbiancati, con tutto il suo palcoscenico, tra il concreto e l’immaginario, soltanto per farsi odiare.
Un simulacro di rancore perfetto per l’altra percepita, e quasi totale, Palermo che ammaccapititto. Che conta i giorni che la separano dal prossimo salario, quando c’è. E si sfoga con la rabbia, con la diceria, con il pettegolezzo. Tanto è tutto gratis.
La cronaca offre una inquietante storia di stupefacenti, nei limiti di quello che si racconta, una vicenda con molti aspetti da chiarire? Ed ecco che, oltre i dispacci necessari delle indagini e delle informazioni pubblicate, non in una piazza derelitta, ma, nelle zone sideree dell’alta società, si scatena quel gossip crudele. E si va a caccia, ognuno con i propri contatti, con le conoscenze di cui dispone, dei ‘fantasmi della cocaina’.
Mica per aiutarli a rendersi conto dell’abisso, soltanto per prolungare il brivido del pruriginoso. Sperando, anzi, che sopravvivano gli spettri dei cattivi pensieri. E si sussurrano cognomi e nomignoli, sguinzagliando pissi pissi e taliate, tra gli stessi protagonisti di circoletti, appunto, provincialissimi.
La realtà racconta ben altro, nelle piazze di spaccio che moltiplicano le vittime e in quei privé niente affatto altolocati. In modi diversi, in contesti differenti, senza volere mischiare, nelle reciproche biografie, eventi e figure che non c’entrano, il punto è questo: Palermo ha una questione apertissima – con sfaccettature che vanno dalla legge, alla salute, alla morale, alle responsabilità individuali – sulla droga e le dipendenze. Lo sappiamo tutti. Lo ha detto chiaro e tondo, drammaticamente, Rosi Pennino, assessore alle Attività sociali.
“L’emergenza c’è – ha ricordato l’assessore -. Secondo i dati di cui disponiamo, da due-tre anni ci sono circa seicento nuovi accessi all’anno, ovvero seicento persone, con problemi legati alla tossicodipendenza, che si rivolgono ai servizi e che prima non erano state censite. La metà è composta da consumatori di crack”.
E’ uno scenario che va affrontato a fondo, nel molteplice degli approcci possibili, abbandonando la tentazione di renderlo materia per certe miserabili epopee del vicinato. E ricordando, magari, che un consumatore, a qualsiasi latitudine, è un essere umano che ha un problema molto serio. Non un’ombra e nemmeno un fantasma.