PALERMO – In questi giorni arriverà l’accordo fra il Comune di Palermo e il governo Draghi per salvare i conti della città. Un accordo i cui contenuti sono ancora tutti da svelare ma che, come anticipato da LiveSicilia, rispetto alle rosee aspettative iniziali varrà solo 180 milioni di euro.
Il piano di riequilibrio, il piano, appunto, per sistemare il bilancio è stato nelle ultime settimane al centro del dibattito. Oggi ogni palermitano sa che nei prossimi anni le imposte sul reddito (l’Irpef) saranno un po’ più alte rispetto al resto d’Italia ma in tanti si chiederanno qual è l’origine della crisi finanziaria del Comune.
Il bilancio di Palazzo delle Aquile è tutt’altro che semplice da leggere. Si sommano elementi positivi ed elementi negativi e il punto da cui partire è il valore delle passività che il Comune di Palermo ha indicato come da ripianare nel piano di riequilibrio. In totale nei prossimi vent’anni occorrerà, stando al documento, spalmare circa 438 milioni di euro. Se si divide questa somma per i circa 630mila palermitani, su ciascun abitante c’è un peso di circa 695 euro.
Le passività da ripianare secondo il piano di riequilibrio
L’analisi da cui si arriva a questa cifra è descritta nello stesso piano. Oltre 85 milioni sono iscritti al fondo rischi spese legali. Circa 25 milioni di euro sono legati a nuovi debiti fuori bilancio, debiti derivanti per la maggiore da sentenze esecutive (9 milioni circa) e da fatture per l’acquisizione di beni e servizi che non erano stati contabilizzati (16 milioni circa). Ancora: 18 milioni derivano dalla mancata approvazione delle nuove tariffe Tari 2021, 72 milioni dal disavanzo che il Comune si aspetta di registrare nell’appena concluso 2021. Ci sono poi 48 milioni dall’anticipazione di tesoreria non restituita (consistenti nella mancanza di liquidità registrata dall’Ente e anticipata dalla Banca che tiene i soldi del Comune) e 187 milioni da iscriversi come utilizzo di cassa vincolata e non ricostituita (somme usate dal Comune, che andavano conservate perchè destinate a specifiche finalità e che, invece, non sono state più messe da parte).
Tutti i fattori di squilibrio sono descritti come a “carattere non strutturale”. Uno, i 72 milioni di euro riportati come “disavanzo tendenziale anno 2021 per accantonamenti al Fondo crediti dubbia esigibilità”, invece, sarebbe strutturale. “Prospetticamente – riporta una delle relazioni allegate al piano -, a decorrere dal 2022, il disavanzo strutturale per obblighi di accantonamento al FCDE sarà pari ‘ad almeno 60 milioni di Euro’, ‘nel biennio 2022-2023’, attualmente con tendenza ad aggravamento, a causa del registrato progressivo peggioramento della capacità di riscossione del Comune”. Sembrerebbe quindi che malgrado la cura da cavallo a cui sarà costretta la città la situazione di squilibrio potrebbe non migliorare. La causa? L’incapacità da parte del Comune di incassare principalmente le tasse comunali.
Il fondo crediti dubbia esigibilità
Ma cos’è il fondo crediti dubbia esigibilità (Fcde)? La normativa prevede che gli enti dopo avere calcolato l’ammontare delle attività e delle passività, mettano da parte risorse sulla base di alcuni fattori: il rischio di perdere i processi in corso, il rischio che le società partecipate abbiano delle perdite, le anticipazioni di liquidità da ritornare a Cassa depositi e prestiti e le somme vincolate a determinate finalità. Fra i più importanti fondi di accantonamento c’è quello legato alle entrate che il Comune credeva di incassare e che però non ha incassato. Si tratta principalmente di tasse ma anche di entrate attese da altri enti. La logica su cui si tiene il Fcde è semplice. Se il Comune credeva di incassare dei soldi probabilmente con quel presunto incasso ha fatto una spesa. Se l’entrata non si è avverata, però occorre frenare la capacità del Comune di spendere. Come? obbligandolo ad accantonare, a bloccare risorse.
Nel rendiconto 2020 approvato a fine gennaio, il Fcde vale 827 milioni di euro circa e il concorso maggiore alla sua formazione è dato dai mancati incassi della tassa sui rifiuti (345 milioni), dalle multe per le violazioni del codice della strada (178 milioni), dalla tassa per l’occupazione del suolo pubblico (142 milioni) e dal mancato incasso dell’Imu (101 milioni).
A livello generale, stando quando emerge, la percentuale di riscossione delle entrate tributarie rispetto al previsto è stata pari al 61,35 per cento nel 2020, del 55,60 per cento nel 2019 e del 61,36 per cento nel 2018.
Il bilancio consuntivo 2020
Accanto a questi dati ci sono, poi, i dati del rendiconto di gestione relativo al 2020. In quest’ultimo documento emerge che il risultato di gestione è positivo essendo pari a 652 milioni di euro. Gli accantonamenti, però, sono pari a un miliardo e 60 milioni. Poi ci sono i vincoli pari a 209 milioni e 5 milioni destinati agli investimenti. Il rendiconto si conclude così con un disavanzo di amministrazione di 622 milioni di euro.
Entrando all’interno delle singoli accantonamenti, come detto, il FCDE è pari a 827 milioni poi c’è il fondo per la restituzione delle anticipazioni di liquidità 43 milioni. Altri 36 milioni sono messi da parte per le eventuali perdite delle partecipate, 62 milioni sono accantonati al fondo contenzioso mentre 90 milioni di euro sono destinati ad altri accantonamenti.
Inoltre ci sono i vincoli derivanti da leggi e dai principi contabili (29 milioni di euro), da trasferimenti (137 milioni), derivanti dalla contrazione dei mutui (39 milioni di euro). Due milioni infine per vincoli formalmente attribuiti dall’ente.