PALERMO – Giuseppe Mirici Cappa si sentiva a casa propria nelle stanze dell’Ars. Almeno così emergerebbe dall’inchiesta della Procura di Palermo. Il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Andrea Fusco e Francesca Mazzocco avevano chiesto che finisse agli arresti domiciliari per concussione.
Secondo il giudice per le indagini preliminari Giuliano Castiglia, che ha applicato la sospensione e il divieto di dimora a Palermo per un anno, mancano la minaccia e la costrizioni nei confronti degli imprenditori dai quali avrebbe ottenuto favori.
Costrizioni alla bouvette
I casi vanno distinti. Il rappresentante della cooperativa Abathia che gestisce la buvette dell’Ars lo ha denunciato, ma non ci sarebbe la prova dell’utilizzo da parte del dirigente di toni minacciosi. Una frase in realtà fu pronunciata: “Con tutta la macchina vi diamo fuoco”, disse qualcuno mentre scaricavano merce davanti a Palazzo dei Normanni. Non è chiaro, però, chi disse queste parole.
Gli altri imprenditori, invece, più che vittime di Cappa sarebbero stati conniventi. Hanno elargito dei regali, ma sarebbe stato un modo per ingraziarselo.
Imprenditori e regali
Si parla di assunzioni in un’impresa di vigilanza, tavoli e mobili consegnati da un commerciante che vende arredi per ufficio (un tavolo fu consegnato a Vito Scardina, segretario dell’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè), lavori di manutenzione e di impiantistica ad opera dei titolari di due ditte nelle abitazioni di Mirici Cappa, e pure un trasloco gratuito.
All’indomani dell’assegnazione del servizio di ristorazione il titolare fu avvicinato. Mirici Cappa voleva che si rifornisse di pane e caffè da un’impresa da lui segnalata. Il rifiuto fu netto. “Con fare arrogante mi disse chi vi credete di essere… cominciate col piede sbagliato”, gli avrebbe detto il dirigente.
La voce dei contrasti era arrivata a Ruggero Moretti, responsabile unico del procedimento, che convocò i protagonisti. Nulla sarebbe cambiò.
Mirici Cappa avrebbe mostrato quella che viene descritta come “inclinazione a chiedere favori per sé e anche per terzi”. I terzi, cioè gli altri imprenditori, o non hanno denunciato oppure hanno sminuito la vicenda. Senza costrizioni e senza denuncia le intercettazioni diventano inutilizzabili.
C’è chi ha detto di avere consegnato un tavolo del valore di 200 euro. In realtà ne valeva mille, e furono “omaggiate” anche poltroncine e mensole. Quando è stato convocato ha spiegato di averlo fatto “per evitare possibili e future ritorsioni e per la preoccupazione di perdere i futuri lavori con l’Ars e con la Fondazione Federico II”. Dalle intercettazioni emergerebbe invece una quadro di complicità. “A che “punto sono le gare?”, chiedeva l’imprenditore. E Mirici Cappa rispondeva che “l’assessore pnsa che lunedì sblocca tutto”.
Il giallo dei 15 mila euro
Non regge l’ipotesi di concussione, riqualificata dal Gip in conduzione a dare o promettere utilità. Resta il quadro di una gestione “allegra” delle gare all’interno del parlamento siciliano su cui si continuerà ad indagare. Anche l’Ars potrebbe e dovrebbe fare degli approfondimenti.
Così come resta aperto il capitolo dei soldi in contanti trovati da un vicino di casa di Mirici Cappa. Lo scorso dicembre aveva subito una perquisizione da parte dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale. All’indomani nel terrazzo dell’immobile al piano di sotto fu trovata una busta con 15.250 euro in contanti di cui Mirici Cappa aveva sentito l’esigenza di disfarsi in fretta.