"Chiedo i voti per me, Cuffaro e Dell'Utri? Accuse da Medioevo"

“Chiedo i voti per me, Cuffaro e Dell’Utri? Accuse da Medioevo”

Il candidato sindaco del centrodestra a tutto campo. Il rapporto con Leoluca Orlando.
PALERMO 2022 - L'INTERVISTA CON ROBERTO LAGALLA
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3 min di lettura

Professore Lagalla, come la mettiamo con Cuffaro e Dell’Utri?
“Ho risposto e rispondo ancora volentieri sul punto, proprio perché non c’è niente da nascondere. Il problema non esiste, se non per la macchina del fango che si sta agitando in queste ore”.

L’ex rettore Roberto Lagalla, candidato sindaco del centrodestra a Palermo, sa perfettamente che tutta la campagna elettorale sarà caratterizzata dalla presenza di due convitati di pietra, loro malgrado, in forma di spunto polemico. L’uno (Cuffaro), condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia. L’altro (Dell’Utri), per concorso esterno.

Prego…
“Io sto chiedendo agli elettori un voto su di me, sulla mia storia e sulla mia persona. Io sono il candidato di una coalizione larga dove c’è una forza che trova in Totò Cuffaro il suo riferimento e ci sono dei candidati, con le loro storie, legittimamente titolati e in campo. Perché dovrei rifiutarli o scandalizzarmi?”.

E Dell’Utri?
“Marcello Dell’Utri ha semplicemente espresso un giudizio positivo su di me, una opinione. Se qualcuno ritiene davvero che un uomo, che oltretutto ha saldato il suo conto con la giustizia, non sia libero di dire come la pensa, allora stiamo dicendo che è tornato il Medioevo”.

Appunto, lei è il candidato di un insieme ampio. Se fosse eletto, sarà un problema? O lei riuscirà a scovare il bandolo della matassa?
“Se sarò eletto mi sforzerò di essere il garante, oltre che delle forze politiche a mio sostegno, dei cittadini e dell’intera comunità. Il dialogo con tutti sarà essenziale, come l’ascolto. Le cose da fare sono tantissime”.

C’è chi sostiene che, per formazione, inclinazione e cultura, lei potrebbe essere un Orlando di destra e che tra voi due, entrambi professori, ci siano delle affinità. E’ vero?
“Io non ho parlato con Leoluca Orlando a cui ho più volte riconosciuto il suo legame con la storia anche recente di Palermo. Rispetto alla cronaca devo, purtroppo, aggiungere che le ultime notizie ci consegnano l’immagine una città stanca, con tante incertezze e in crisi”.

Ma avete qualcosa in comune che magari potrebbe avvicinarvi anche politicamente?
“Ripeto, non ho parlato con Orlando. Abbiamo una formazione ideale e una genesi con tratti che si sovrappongono. Ma ognuno possiede le sue caratteristiche. Spero di avere la stessa capacità di cambiamento che ha caratterizzato lui all’inizio della sua esperienza”.

Lei, ovviamente, corre per vincere. Ritiene che sia un obiettivo raggiungibile già al primo turno?
“Non lo so. Certo, mi auguro che un dispiegamento di liste così significativo possa approdare alla soluzione sperata nel più breve tempo possibile”.

Ha mai pensato, in qualche giorno non facile di trattative e polemiche interne al centrodestra, di ritirarsi?
“No, mai. Avevo e ho un patto non scritto con una importantissima parte della città che mi chiede di esserci. E’ chiaro che ci sono stati momenti difficili e inevitabili amarezze che danno alla riunificazione un valore politico ancora più forte”.

Una sintesi che si sarebbe potuta trovare prima?
“Ogni attività complessa ha i suoi tempi. Questi sono i tempi comprensibili della politica, probabilmente poco comprensibili per i cittadini”.

Giunta politica o tecnica, casomai? Qualche nome?
“Una squadra di persone innamorate di Palermo, come lo sono io, disposte a impegnarsi al massimo, perché l’impegno richieste sarà massimo. E’ presto per fare nomi”.

Ma – lo chiederemo a tutti i candidati – se lei fosse eletto, non la sgomenterebbero i guai sul tavolo?
“Intanto andrà fatta un’operazione verità sul bilancio che andrà abbinata a una forte opera di interlocuzione con il governo centrale. Nessuno sano di mente potrebbe pensare di compiere una passeggiata e io non sono un mago. La situazione un po’ mi preoccupa, ma sono ottimista sulla programmazione che richiederà uno sforzo corale”.

Qual è il suo giudizio su Franco Miceli, l’altro competitor sulla carta più forte del gruppo e suo avversario, come esponente del centrosinistra?
“Una persona perbene e gradevole, talvolta, forse, ispirata da alcuni compagni di viaggio non sempre in buonafede. Così, perfino lui finisce per l’indulgere in affermazioni strumentali che non mi aspetterei da un professionista serio, ma dal trinariciuto esponente dei partiti di una volta”.

I trinariciuti, secondo lo scrittore Guareschi, sono i comunisti e non era un complimento.
“Bravo, vedo che è preparato”.


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