Palermo, colpi di pistola ad altezza d'uomo nella polveriera Zen

Colpi di pistola ad altezza d’uomo nella polveriera Zen: “Fu fortunato”

I retroscena di un regolamento di conti per lo spaccio di droga

PALERMO – I colpi di pistola furono sparati ad altezza d’uomo. Secondo l’accusa, l’obiettivo era uccidere. I carabinieri ritengono di avere ricostruito un episodio di violenza avvenuto lo scorso settembre allo Zen.

Ed ecco tornare alla ribalta una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. A sparare sarebbe stato Khemais Lausgi, che tutti nel quartiere conoscono come Gabriele Alì. Alessio Haou rimase vivo per miracolo. Lausgi stava scontando agli arresti domiciliari una condanna per droga. Gestiva la rete di spaccio da una villa blindata.

Il ras della droga

Era diventato uno dei ras della droga e probabilmente non avrebbe smesso di esserlo. È nei contrasti per la gestione di una piazza di spaccio che la Direzione distrettuale antimafia individua l’origine del regolamento di conti. Nel 2016 Lausgi era stato ferito a coltellate tra i palazzi dello Zen.

“Ieri è venuto e mi ha sparato… altezza uomo… tre colpi, ce l’ho fatta a scappare”, diceva Haou senza sapere di essere intercettato. Lausgi non si era fermato e dopo qualche ora avrebbe esploso alcuni colpi di pistola contro il portone di casa della vittima. Furono attimi di panico, all’interno dell’abitazione c’erano anche moglie e figli. Un episodio simile era accaduto già nel luglio precedente.

“Gli ho tirato di sopra”

Lo stesso Lausgi poco dopo avrebbe spiegato che la sua era stata una reazione. Al culmine dell’ennesima lite e dopo essere arrivati alle mani Haou avrebbe detto che stava andando a prendere “il ferro”. A quel punto Gabriele Alì avrebbe deciso di anticiparlo: “Sono sceso… nel padiglione ci sono salito da quella parte e gli ho tirato di sopra… il Signore ha voluto che ho fatto il canguro e non l’ho preso… fu fortunato… questa volta però… domani non lo so… dopodomani non lo so”.

I cellulari con i clienti della droga

Della vicenda fu informato Paolo Lo Iacono, considerata una voce mafiosa autorevole allo Zen. La contesa doveva finire altrimenti “ci scappa il morto”. “Alessio ha torto”, dicevano perché aveva “rubato” qualche cliente a Lausgi, sbagliando due volte visto che quest’ultimo era agli arresti domiciliari.

Per placare gli animi sarebbe intervenuto Francesco Stagno, arrestato nel blitz dei 181 con l’accusa di essere il braccio destro dei fratelli Nunzio e Domenico Serio. Lausgi era disposto a siglare una tregua a condizione che Haou gli consegnasse i cellulari con i numeri dei clienti della droga. Un lungo elenco di nomi su cui i magistrati ancora stanno indagando e che di tanto in tanto accende la miccia nella polveriera Zen.


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