PALERMO – Nessuno (o quasi) si è fatto avanti. Nessuno che abbia ammesso spontaneamente di avere incontrato, anche casualmente, Matteo Messina Denaro. “Protetto dall’omertà, da vivo e pure da morto”, ha detto qualche giorno fa in aula il pubblico ministero Gianluca De Leo.
Il “quasi” è dovuto alle eccezioni che confermano la regola. Ad esempio la professoressa di matematica e amante del padrino, subito dopo l’arresto del gennaio 2013, si è presentata in caserma per ammettere di avere avuto una relazione con il boss che però diceva di chiamarsi Francesco Salsi. Insieme sono stati nel covo di via Cb31 a Campobello di Mazara
Chi indaga non crede alla sua versione. Le immagini di una telecamera smentiscono la data (luglio e non novembre) e le modalità del suo arrivo (non in macchina con il boss, ma da sola). La donna ha parcheggiato ed ha proseguito a piedi. Alle 11:44 sono entrati insieme nell’appartamento, da cui lei è uscita alle 12:16.
Riepilogando: dalle indagini è emerso che Messina Denaro ha subito almeno quattro interventi chirurgici, ha incontrato donne, ha comprato macchine, fatto operazioni bancarie e shopping, comprato generi alimentari, frequentato ristoranti, ha viaggiato in Italia e all’estero. Nessuno però dopo averlo visto in fotografia ha sentito il dovere di aiutare gli inquirenti.
Non tutti possono essere conniventi, eppure nessuno parla. È solo perché vogliono tenersi alla larga da guai e sospetti? Ha ragione il pm De Leo: “Messina Denaro è stato protetto dall’omertà, da vivo e pure da morto”.
Tante persone sono state già individuate, arrestate e condannate. Facevano parte della cerchia ristretta di fedelissimi che lo ha seguito e protetto anche anche durante la malattia, ma la corrispondenza del boss e i suoi diari sono zeppi di identità celate dietro nomignoli. Alcune potrebbero essere collegate agli affari di un capomafia che non badava a spese.
Da qualche parte Messina Denaro deve essere riuscito a nascondere un archivio che custodisce le chiavi dei suoi interessi economici sui quali tace negli scritti trovati nel covo di Campobello di Mazara. E tace pure sulle protezioni che gli hanno permesso una lunghissima latitanza. A quale livello è uno dei misteri della sua fuga. Sono stati sequestrati, però, dei documenti che hanno tracciato piste investigative che portano in Italia e all’estero.

