Palermo, l'omicidio alla Zisa: sale la tensione, si temono contraccolpi

L’omicidio alla Zisa: tensione, si temono contraccolpi

Un pentito di mafia ha parlato di Giuseppe Incontrera. "Ascesa criminale"
MAFIA E MORTE
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PALERMO – Un boss in ascesa, fermato dai colpi di pistola. Si spara e si uccide a Porta Nuova. Giuseppe Incontrera, 45 anni, è stato assassinato ieri mattina, nel rione Zisa. Le voci si sono rincorse per ore. Si è parlato anche di una lite per un incidente stradale. Poi è calato il silenzio e lo sfondo mafioso ha preso corpo.

Gli investigatori hanno due obiettivi strettamente collegati: individuare il colpevole per scongiurare possibili reazioni. Violenza potrebbe provocare violenza. Una vendetta – qualcuno si spinge addirittura a sussurra la parola faida – che potrebbe scattare anche se il contesto del delitto alla fine risultasse slegato dalle dinamiche di Cosa Nostra.

Consuocero del fratello dei capimafia

Mafiose, però, sono le parentele acquisite della vittima, consuocero di Giuseppe Di Giovanni, fratello dei boss Gregorio e Tommaso, capimafia di Porta Nuova. Mafiosa è soprattutto la caratura di Incontrera che si sarebbe fatto largo nel mandamento. Si occupava soprattutto di droga ed è una questione legata agli stupefacenti che potrebbe avere armato la mano dell’assassino che ha usato una pistola di piccolo calibro.

Arma che di solito non viene usato per i delitti di mafia, ma è altrettanto vero che è la pistola privilegiata da chi deve sparare da distanza ravvicinata. Così è andata ieri mattina. Incontrera è stata seguito dall’assassino che ha fatto fuoco in via principessa Costanza.

Nel passato della vittima ci sono storie di droga e rapine. È al presente, però, che si guarda con maggiore interesse. Incontrera non era sfuggito ai radar investigativi. Il riserbo è massimo, ma più di qualcosa confermerebbe il ruolo di Incontrera nella recente Cosa Nostra.

Le parole dell’ultimo pentito

Qualche mese fa si è pentito Marcello Puccio. Si è auto definito un soldato dei furti e delle rapine. Manovalanza a cui i pezzi grossi indicavano le persone fidate a cui consegnare la refurtiva da riciclare. Quando si trattava di ripulire oro e gioielli il riferimento sarebbe stata “la Luca trading”. L’ordine era tassativo. Chi lo impartiva? Il collaboratore di giustizia ha inserito il nome di Incontrera accanto a quelli di persone il cui spessore criminale è certificato dalle sentenze.

“Posso parlare per Porta Nuova: noi siamo soldati che si occupano di furti, rapine e pestaggi – ha messo a verbale Puccio un anno fa -. Tutti quelli che il mandamento autorizza a rubare devono andare da Vincenzo (Vincenzo Lica ndr) per vendere. Altri mandamenti si possono rivolgere ad altre persone di fiducia di loro. Questo me lo disse inizialmente Onofrio Lipari, poi Gaspare Rizzuto, Giuseppe Incontrera, Tommaso Lo Presti, Pietro Lo Presti. L’organizzazione ha l’interesse che noi soldati andiamo da loro perché c’è sempre un profitto per Porta Nuova. Il lavoro che fanno loro è tassato da Porta Nuova”.

I boss scarcerati

Fra tutte pesava la parola di un boss. Da chi lo aveva saputo Puccio? “Incontrera diceva che era il volere di Tommaso Lo Presti”. Ad un certo punto Puccio ha deciso di collaborare di giustizia. Lo ha fatto perché temeva di essere ammazzato dopo avere messo a segno un furto da 300 mila euro. Lo fece assieme ad altre tre persone i cui nomi sono noti.

Insieme “abbiamo deciso di non dire a Giuseppe Di Giovanni e Giuseppe Incontrera quanto avevamo preso, ossia 300 mila euro. Avevamo pensato di non fare sapere niente e dare qualcosa di minimo. Poi tutto è uscito fuori ed è scattata una forma di ripicca verso di me perché ero il responsabile di questo gruppo per il mandamento. In questo momento il responsabile del danno ero io”.

Puccio, dunque, accosta i consuoceri in una delicata vicenda criminale. Non si sarebbero legati solo in virtù del matrimonio fra i loro figli. E fa i nomi di alcuni boss recentemente scarcerati a Porta Nuova.

I complici di Puccio “sono stati picchiati anche pesantemente. Invece con me c’era stato solo un rapporto verbale in cui mi dicevano di aspettare per farmi sapere”. Di pomeriggio arrivò alle mani con i mariti delle figlie di Gregorio Di Giovanni.

Poi qualcuno lo cercò a casa:”Mi dissero che non mi sarebbe successo niente e mi dicevano che mi volevano parlare Pietro Lo Presti, Tommaso Lo Presti e Giuseppe Autieri. Consigliavano di dare 2000 euro per fare un regalo e per fare capire che non avevo niente da nascondere. Dissi va bene. Gli dissi se volevano un caffè e mi allontanai. Mia madre sentì che commentarono dicendo che molto probabilmente sarei stato ucciso il giorno dopo. Allora ho deciso di andarmene, di scappare. Se fossi restato avrei dovuto fare azioni che non avrei più potuto giustificare. Ossia avrei dovuto commettere omicidi. Ho dato più valore alla mia famiglia che ad altre cose”. E si è pentito.

Ora le dichiarazioni di Puccio si rileggono con attenzione. Si cerca l’uomo che ha ucciso Incontrera in pieno giorno. Alle 8.00 del mattino le strade della Zisa sono zeppe di gente. Incontrera stava camminando in via Principessa Costanza, è stato avvicinato da un uomo che ha sparato più volte con una pistola calibro 22. Lo attendeva per fare fuoco.

Per saldare un vecchio debito, per questioni di droga, per frenarne l’ascesa: l’omicidio di Incontrera preoccupa gli investigatori. È certamente diverso da altri due delitti avvenuti a una manciata di metri, quello di Giuseppe Dainotti, e poco distante, quello di Giuseppe Di Giacomo. Stavolta potrebbe essere stato un gesto rabbioso, d’impeto.


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