PALERMO – Parla di due liste del pizzo. Una con i nomi di chi paga ogni mese e l’altra di coloro che sborsano a Pasqua e Natale. Rosario Montalbano, neo pentito di Brancaccio, era soprattutto uomo del racket e dal racket parte il suo racconto.
Il 18 marzo sorso il neo collaboratore di giustizia è seduto davanti al procuratore aggiunto Marzia Sabella e al sostituto Francesca Mazzocco della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. I pm gli mostrano un album di fotografie redatto dai poliziotti della squadra mobile. Ci sono i volti dei commercianti, molti dei quali sono finiti sotto processo per favoreggiamento dopo avere negato di avere versato la tassa di Cosa Nostra. La loro posizione si complica.
“Sono sicuro al mille per mille”
Molte facce le ricorda, in altri casi la memoria lo sorregge quando sente il nome dell’attività commerciale: “Giampiero Cannella della 3D… questo pagava 500 euro a Natale e 500 a Pasqua… sono sicuro al mille per mille”; “Ignazio Marciante della Trinacria gas: sempre Maurizio (Maurizio Di Fede, capo della famiglia di Roccella ndr) ci andava, ogni Natale e Pasqua ci dividevamo il compito di dove andare”. Il racconto prosegue: “Giulio (Matranga ndr) il carnezziere, questo ci andava pure Maurizio che io sapevo che pagava 750 euro, l’avevo scritto nella lista”.
“Ci siamo divisi i commercianti”
Quando vede la foto di Bernardo Martino, titolare di una bottega di salumi e carni, precisa: “Sì, ci andavo io per Natale e Pasqua… prima dell’arresto io non me ne occupavo mai, non era compito mio andare da questi che pagavano a Natale e Pasqua. Io avevo una lista che pagavano quelli mensilmente, dopo l’arresto di Maredolce (si riferisce al nome del blitz). Mi sono fatto dare la lista di Roberto Mangano ed insieme con Maurizio ci siamo divisi i commercianti dove andare a prendere i soldi di Natale e Pasqua”.
“A chi li devo dare?”
Sul padre di Bernardo Martino, Salvatore, racconta che: “… questo andò a chiamare a Vincenzo Militello che erano amici e ci fa dice Vincenzo ma lo fai un favore siccome io uscivo 500 euro a Pasqua e Natale siccome so che hanno arrestato a tutti a chi li devo dare? Vincenzo Militello venne a chiamare me, me lo presentò ed ogni Natale e Pasqua poi andavo a prendere io”. Per alcuni il pizzo è una normalità, un’abitudine, e si fanno avanti di propria iniziativa.
Alessandro Tinnirello “ha la polleria in via Messina Marine Maurizio, mi disse che li andava a prendere Ludovico Castello (altro esattore del pizzo ndr) che pagava, è sicuro perché l’avevamo nella lista il pizzo”. Poi tira in ballo “quello del Nightlife, amico di Tommaso Nicolicchia siamo andati là nel suo locale Tommaso me lo presentò e Tommaso gli disse i soldi di Natale e Pasqua glieli puoi dare direttamente a lui quando viene, così fu”.
“Non vado dalle femmine”
Quando gli mostrano la foto di una donna spiega che lui non va “dalle femmine, non mi piace a me, voi avete fatto una confusione enorme con questo animal shopping perché non è quello di via Messina Marine, quello appartiene al Corso dei mille, questo degli uccellini è quello che c’è vicino al tabacchino Napoli…”.
Quando riferisce del pizzo “a Maria Pestigiacomo… quelli della pizzeria ‘al Galeone’, marito e moglie”, spiega che “un giorno uno mi chiama e mi dice mi hanno chiamato quelli della pizzeria dice che c’è Maurizio Costa va là il sabato si piglia tipo 10 pizze, 12 pizze senza pagare e se ne va e parlai io con Giuseppe Di Fatta. Poi ci avvicinai io da questi signori dopo qualche mese che stava arrivando pure il momento di Natale… dice no grazie a posto non si è fatto vedere più da quando fu che te l’ho detto, anzi ti volevo fare un pensierino ti volevo fare una cesta… però poi loro di sua spontanea volontà me li hanno dati 1.200″. Perché al posto del pizzo molti commercianti pagano la tassa mafiosa sotto forma di ceste di Natale.
Nel verbale ci sono i nomi di “Paolo Vaccarella, quello dell’House bar”, di “Giovanni Visconti, metalli, che usciva 750 a Natale 750 a Pasqua”, di “Antonino Giacalone quello del bar Messina, questo paga ogni mese”, di “Antonio Pellegrino questo è quello che ha il negozio dei pezzi di ricambio questo di qua escono solamente le ceste una volta all’anno”, di “Fabrizio Aruta, il gommista una volta l’anno pagava per le ceste”, di “Rosario Carmelo Fulvo (meccanico ndr) quando ha aperto ha uscito 200 euro”, di “Giuseppe Lo Negro”. di “Salvatore Giardina del panificio”. di “Vincenzo Sinagra di Eurocasa”.
“C’è di mezzo il suocero”
Salvatore Meli, titolare del Bar Tiffany, avrebbe negato il pizzo preteso da Di Fede e Salvatore Gucciardi: “Lui pagava 250 euro al mese, questo è il suocero di Totò Gucciardi (arrestato nel blitz denominato “Stirpe”), contribuiva direttamente lui a Totò perché ci viene suocero poi quando è uscito Totò se la sbrigava direttamente con Maurizio (Maurizio Di Fede ndr).
Il macellaio “Francesco Paolo Sparacello, era intimorito dice per favore non mi mettete nella lista non vorrei che io magari dovessi passare i guai. Io mai ci sono andato, io lo conosco perché andavo a prendere le cose da mangiare là… neanche facevo cucinare certi giorni a mia moglie”.
Il pizzo lo devono pagare tutti anche gli abusivi. Giacomo Pampillonia, che gestisce una rivendita fuorilegge di carni e frattaglie, “aveva trasformato tipo una specie di laboratorio e lavoravano la carne in un pezzo di giardino. Maurizio mi dice lavora forte se l’è sbrigata lui però non so se c’è andato personalmente o magari ha mandato qualche altro”.