PALERMO – Torna in carcere Vincenzo Fiore, considerato uno degli uomini d’oro delle scommesse gestite da Cosa Nostra.
I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria lo hanno sorpreso mentre violava il divieto di incontrare persone diverse da quelle con cui coabita.
Per Fiore si tratta di un aggravamento della misura cautelare. Si trovava, infatti, agli arresti domiciliari. A disporlo, su richiesta della Procura generale, è stata la Corte di Appello presieduta da Antonio Napoli che lo ha condannato l’anno scorso a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio.
Personaggi chiave dell’inchiesta che ha portato alle condanne erano Francesco Paolo Maniscalco, in passato condannato per mafia ed esponente della famiglia di Palermo Centro, e Salvatore Rubino, che per conto dei clan avrebbe riciclato il denaro.
C’era un patto fra boss e imprenditori per ottenere le licenze dai monopoli e aprire agenzie di scommesse legali attraverso cui ripulire i soldi sporchi.
Dopo un anno trascorso in carcere per Fiore si erano attenuate le esigenze cautelari.
Il giudice per le indagini preliminari aveva sottolineato il fatto che sia incensurato, che ha mantenuto contegno processuale e che gli è stata sequestrata l’azienda intorno al quale ruotavano i presunti illeciti.
Ed ancora che “il pericolo di recidiva sia persistente alla luce della gravità dei fatti contestati e dei rapporti stabili tra l’imputato i membri dell’associazione mafiosa”.
Bastavano, però, gli arresti domiciliari e il divieto di incontrare persone diverse dai conviventi per garantire le esigenze cautelari.
Ed ecco il punto: in almeno tre recenti circostanze, così hanno ricostruito i finanzieri agli ordini del colonnello Gianluca Angelini, Fiore avrebbe approfittato del permesso di andare dal medico per darsi appuntamento con altre persone nello stabile. In particolare il padre ed altri soggetti, fra cui un coimputato, Giovanni Castagnetta, assolto nel processo dall’accusa di intestazione fittizia di beni.
Una volta l’incontro è avvenuto quando lo studio medico era chiuso. Da qui la decisione di riportarlo in carcere.