Palermo, mafia e soldi riciclati: condanne e assoluzioni

Palermo, mafia e soldi riciclati: condanne e assoluzioni I NOMI

Il processo riguarda le famiglie di Porta Nuova e Resuttana

PALERMO – Condanne e assoluzioni al processo di appello ai clan mafiosi di Porta Nuova e Resuttana.​ La sentenza è della prima sezione della Corte di appello, presieduta da Maria Elena Gamberini.

Gli affari legavano i mandamenti mafiosi. A gestirne una grossa fetta sarebbe stato Giuseppe Corona, processato a parte. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, montagne di soldi accumulati soprattutto con la droga sarebbero state riciclate in nuove attività commerciali. Tra cui molti centri scommesse. Al blitz, eseguito nel 2018 dai finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria, fu dato il nome “Delirio”.

Ecco gli imputati e le rispettive sorti processuali:​ Massimiliano Cocco (assolto), Raffaele Favaloro (8 anni, due mesi e 20 giorni), Maurizio Caponetto (un anno e dieci mesi contro i 10 anni e mezzo del primo grado; per l’imputato, difeso dagli avvocati Domenico La Blasca e Amalia Imbrociano il reato è stato derubricato da associazione mafiosa in favoreggiamento), Salvatore Giglio (1 anno e sei mesi per intestazione fittizia), Claudio Demma (assolto dopo che in primo grado era stato condannato a 5 anni, era difeso dagli avvocati Rosanna Vella e Raffaele Bonsignore), Francesco Lo Re (4 mesi per favoreggiamento), Luigi Miceli (assolto, difeso dall’avvocato Vincenzo Giambruno), Giovanni Russo (assolto, avvocato Rosanna Vella), Croce Siragusa (2 anni dieci mesi e 10 giorni per ricettazione), Emanuela Milazzo (1 anno e 4 mesi, contro i tre anni del primo grado, difesa dall’avvocato Vincenzo Giambruno), Michele Siragusa (3 anni), Giosuè Lo Piccolo (assolto dall’intestazione fittizia di una sala scommesse, era difeso dall’avvocato Alessandro Martorana), Francesco Paolo Trapani (assolto dall’accusa di intestazione fittizia, era difeso dall’avvocato Salvatore Di Maria). Giuseppe Pecoraro (3 mesi), Giuseppa Mandarano (1 anno e sei mesi), Carmelo Naso (4 mesi, era difeso da Filippo Gallina e su di lui pendeva una richiesta di condanna a 16 anni), Salvatore Buccheri (4 mesi per spaccio di stupefacenti, era difeso dagli avvocati Jimmy D’Azzò e Debora Speciale, per lui in primo grado c’era stata una richiesta di condanna a 18 anni), Giuseppe Giurintano (4 mesi per spaccio di droga a fronte di una richiesta di 13 anni per associazione in primo grado, era difeso da Antonio Turrisi), Calogero Naso (4 mesi in continuazione con una precedente condanna, difeso dall’avvocato Antonio Turrisi), Salvatore Salamone (8 mesi), Antonino Salerno (1 anno e 4 mesi) Gioacchino Salamone (6 mesi e dei giorni in continuazione) Giuseppe Salamone del ’68 (10 mesi. già in primo grado per l’imputato, difeso dall’avvocato Angelo Brancato, era caduta l’associazione), Giuseppe Salamone del ’62 (un anno, era difeso dall’avvocato Enrico Tignini, c’era stata una richiesta di condanna a sedici anni in primo grado), Giuseppe Tarantino (assolto), Paolo Lo Iacono (assolto era difeso dall’avvocato Michele Giovinco), Gregorio Palazzotto (1 anno in continuazione con una precedente condanna), Croce Siragusa (due anni, dieci mesi e venti giorni).

Nel corso dell’indagine emerse che a Raffaele Favaloro era stata perdonata una delle colpe più gravi. Quella di essere figlio di un pentito. Favaloro mise la sua vita nelle mani dei boss. Era pronto a morire pur di cancellare la macchia indelebile lasciata dal padre Marco.

L’inchiesta svelò l’interesse della mafia per i traffici di droga e la tradizionale imposizione del pizzo.​ Solo un imprenditore, però, si era costituito parte civile al processo, assistito dalla Federazione antiracket tramite i legali Valerio D’Antoni e Ugo Forello. Parti civili anche Sos Impresa, Solidaria Onlus e il centro Pio La Torre, con l’assistenza degli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro.


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