Palermo, cognomi storici e volti nuovi traditi dalle microspie

Uomini d’onore riservati e lo statuto di Cosa Nostra: condannati NOMI

Vecchi mafiosi e gente sfuggita ai radar investigativi

PALERMO – Pietro Badagliacca ricordava al nipote Gioacchino che esisteva una struttura gerarchica che andava rispettata. E lui era il capofamiglia. Per dare forza al suo discorso Badagliacca senior ricordava l’esistenza di un documento: “C’è lo statuto scritto… che hanno scritto… i padri costituenti“.

Pietro Badagliacca e Gioacchino Badagliacca sono due degli undici condannati del processo alla famiglia mafiosa di Mezzomonreale. Hanno avuto rispettivamente 20 anni e 17 anni, un mese e 10 giorni.

Oltre a Pietro e Gioacchino è stato condannato anche Angelo Badagliacca a 16 anni, 5 mesi e 10 giorni. Sono zio e nipoti. Gioacchino fu inserito nel gruppo di fedelissimi che nel 2003 accompagnò Bernardo Provenzano, alias Gaspare Troia, in una clinica a Marsiglia per operarsi alla prostata. Per Pietro Badagliacca si tratta di una nuova condanna dopo i 14 anni anni già scontati.

Le indagini dei carabinieri, coordinati dalla Procura, fecero emergere l’esistenza di alcuni uomini d’onore riservati. Nel maggio 2022 c’era stata una lite in famiglia. Per dirimere la faccenda avrebbero coinvolto Antonino Anello, 82 anni, rimasto fuori dai radar investigativi. Eppure veniva definito “amico nostro” e in maniera più esplicita “uomo d’onore”. È stato condannato a 8 anni.

Fino al blitz del gennaio 2023 sconosciuti erano i fratelli Pasquale e Michele Saitta, di un decennio più giovani di Anello. Si occupavano di vino e alimentari. Decisiva è stata una microspia piazzata dai carabinieri nella casa di campagna di Michele Saitta a Butera, nel Nisseno. Anche per loro condanna a 8 anni ciascuno di carcere.

Qui i Badagliacca fecero la pace, anche se il più anziano avrebbe fatto a meno di dare soddisfazione ad Anello. “… perché non lo voglio scannaliare chissà questo esce folle”: Pietro Badagliacca temeva che Anello si pentisse.

L’invito di Saitta a Gioacchino Badagliacca era di smussare i toni: “… tu devi sentire quello che ti dice Pasquale Saitta… quando ti dice: buttiamo tutte cose a mare… ti chiedo scusa in ginocchio… ti chiedo perdono in ginocchio… se lui da quello che è come figura e ad ottant’anni per giunta… si sottomette a te a chiederti scusa… hai capito?”.

Ed ancora: “Cioè… se lui ti dice ‘vieni qua nipote, abbracciamoci, chiudiamola… ti bacio le mani, mi metto in ginocchio’ … cioè, tu devi stare zitto… ti devi solo abbracciare a tuo zio, che si è reso conto… nel dritto e nel torto.. a chiedere scusa e perdono… te lo dovevi abbracciare e basta”.

Completano il quadro dei condannati dal giudice Ivana Vassallo (la sentenza era in abbreviato dunque le pene scontate di un terzo): Giovanni Cancemi 8 anni, tre mesi e 16 giorni e Angelo Lazzara 3 anni e 4 mesi.

Assolti Silvestre Maniscalco e Marco Zappulla. Imputati per estorsione erano difesi dagli avvocati Rosanna Vella e Antonio Impellizzeri. Il giudice ha trasmesso gli atti al pubblico ministero per valutare la posizione di 3 imprenditori che hanno negato di avere pagato il pizzo. Rischiano l’incriminazione per favoreggiamento.

Gli imputati dovranno risarcire le parti civili: Comune di Palermo (avvocato Ettore Barcellona), Centro Pio La Torre (avvocato Francesco Cutraro), Solidaria, Sos Impresa, Fai, Rete per la legalità, Sportello di solidarietà Confcommercio e Confersercenti (rappresentati dagli avvocati Fabio Lanfranca, Valerio D’Antoni, Ugo Forello, Fausto Maria Amato e Maria Luisa Martorana).


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