Palermo, mafia e vendetta: altri 12 arresti a Porta Nuova Live Sicilia

Palermo, mafia e vendette: altri 12 arresti a Porta Nuova NOMI

Il mandamento era attraversato da tensioni. Si temevano nuovi omicidi
DROGA ED ESTORSIONI
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PALERMO – Filippo Burgio voleva vendicare l’omicidio del figlio Emanuele. C’era il forte rischio che dalle parole rabbiose pronunciate in carcere passasse ai fatti, ora che stava per tornare in libertà. Questi i nomi dei destinatari della misura.

Burgio è uno dei dodici indagati raggiunti nella notte da un’ordinanza di custodia cautelare (4 in carcere e 8 ai domiciliari).

Gli arrestati di oggi sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa; coltivazione, traffico e spaccio di stupefacenti, violenza privata e lesioni personali aggravate dal metodo e dalle finalità mafiose.

Il blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale, coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia, completa il lavoro iniziato nei giorni scorsi con gli arresti nel mandamento di Porta Nuova.

Era stato l’omicidio di Giuseppe Incontrera, boss emergente (l’assassino, Salvatore Fernandez, si è costituito il 5 luglio scorso), a rendere necessaria l’accelerazione. Adesso nuove tensioni agitavano le famiglie mafiose. Tra gli arrestati di oggi c’è anche sua moglie, Maria Carmelina Massa, che avrebbe aiutato il marito a gestire i traffici di droga e la cassa del mandamento.

Filippo Burgio oggi avrebbe lasciato il carcere di Voghera perché ha finito di scontare una condanna per mafia ed estorsione.

In passato è stato il cassiere della famiglia di Palermo Centro, mandamento di Porta Nuova. Storico il suo rapporto con Gianni Nicchi, arrestato nel 2009 all’apice di una carriera criminale che lo aveva portato alla reggenza di un altro mandamento, quello di Pagliarelli.

Il 31 maggio 2021 il figlio Emanuele è stato assassinato a colpi di pistola alla Vucciria. Sotto processo ci sono tre i imputati. Matteo Romano avrebbe fatto fuoco contro la vittima; il nipote Giovan Battista gli avrebbe passato l’arma; mentre il padre di quest’ultimo, Domenico, avrebbe inseguito Burgio.

Un delitto con cui si manifestava l’incapacità dei vertici del mandamento di controllare le tensioni nelle piazze di spaccio.

In particolare veniva contestato a Leonardo Marino, fra gli arrestati del primo blitz, di non essere stato in grado di fermare l’irruenza dei Romano.

Ad aggiungere elementi investigativi sono arrivate per ultimo le dichiarazioni del neo pentito Filippo Di Marco. Ha ricostruito un inquietante episodio. Sarebbe stato avvicinato da un cugino di Emanuele Burgio dopo essere stato trasferito nella località protetta. Gli chiese di recuperare una pistola. I Romano erano in carcere. Gli uomini della Zisa volevano vendicarsi ammazzando un parente dei Romano e un personaggio della Vucciria che aveva ostacolato l’ascesa criminale di Emanuele Burgio nel settore della droga.

Per consumare la vendetta si attendeva l’imminente scarcerazione di Filippo Burgio: “Mi ha chiesto di trovare una calibro 9… dice appena esce mio cugino ci dobbiamo divertire un po’… ma c’è quel cornuto di fuori e qualche capriccio ce lo dobbiamo togliere anche alla Vucciria… a Emanuele se lo sono venduti
venduti quelli alla Vucciria disse che l’omicidio era stato motivato dal fatto che Emanuele Burgio si stava facendo forte”.

Dichiarazioni, quelle del nuovo pentito, che si aggiungono alle parole registrate durante i colloqui carcerari di Filippo Burgio. Era rabbioso: “Non ho pace per mio figlio… me lo hanno ammazzato come un cane questi figli di pulla u picciriddu meo”.

Marino era stato richiamato da Giuseppe Incontrera su ordine di Giuseppe Di Giovanni. Doveva intervenire prima che Filippo Burgio venisse scarcerato.

Marino si diceva pronto: “… mettiti nel motore con me che gli andiamo ad ammazzare pure i nipoti. … io lo faccio mi vengono a morire i miei figli che io lo faccio”.

La vendetta non arrivò. Ora che Burgio stava per uscire c’era il rischio che prendesse in mano la situazione per compiere qualcosa che altri non erano stati in grado di fare. Ecco perché il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Giovanni Antoci, Gaspare Spedale e Luisa Bettiol hanno chiesto e ottenuto anche il suo arresto.


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