Ma che grande spettacolo che hai organizzato, Mario. Al centro ci sei tu e fai, magnificamente, la parte del morto. Sembra vero. Infatti, tutti piangono, mentre le tue labbra sono scolpite nell’ombra dell’ultimo sorriso. Non manca niente, ogni particolare è curato nel dettaglio. Le mani impallidite che reggono un rosario. Il vestito scuro. E tu che riesci a non muoverti. Resti così, fermo e assente, nella tua presenza. Chi ha masticato qualcosa di quinte e sipario sa che l’immobilità assoluta denota un talento supremo. Come l’immenso Eduardo che fa il morto in Napoli Milionaria. E il brigadiere che era lì per arrestarlo, ammirato per il suo coraggio e per la sua bravura, lo lascia libero.
Qui non ci sono le bombe, come in quel racconto. Non c’è la guerra. Non c’è il rumore. Ma l’eco dell’esplosione, Mario, si avverte, in ogni cuore, nel silenzio, interrotto dalle lacrime. C’è tua moglie. Ci sono le tue figlie e i tuoi figli. Ci sono i nipoti. Tutti i Pupella al gran completo. Gente di teatro, fedele alla passione. E, magari, anche loro se lo chiedono e covano una speranza impossibile. Vuoi vedere che è un copione? Vuoi vedere che si alza e sorride ancora?
Il luogo della camera ardente non potrebbe essere più adatto. Il palcoscenico del teatro Sant’Eugenio. Questo martedì, alle dieci, i funerali nella parrocchia. Ci sono le corone di fiori. Sullo schermo bianco, appena dietro la bara, passano le immagini di una vita da artista. Ci sei tu, Mario, in corpo e in effigie. Ai piedi del catafalco ruggisci in una immagine che riassume ciò che sei.
Ecco, parlano di te al presente. “Mario è buono e generoso, non nega mai l’aiuto a nessuno”, dice Marco Feo. “Mario è un uomo dalla bontà infinita”, dice Angelo Butera. Ed è forse la cosa più bella. Sei amato come magnifico artista. Sei amato come patriarca carico di sensibilità e affetti. Significa essere nel cuore di ognuno, pure quando le luci si spengono.
Che grande spettacolo che hai messo su, ora che tanti incedono per guardarti, per pregare, per mandarti un bacio. Tu sei beato, nel tuo elemento naturale. Hai la faccia serena di Ulisse che, finalmente, è tornato a Itaca. Era invenzione e sarà memoria. Era dono e sarà benedizione. Era magia, sarà amore per sempre. Però è già tardi e abbiamo pianto abbastanza. Alzati, Mario. Scendi in platea e siediti qui, con noi. (Roberto Puglisi)