Palermo, la rabbia del boss: "All'architetto lo ammazzo io"

Palermo, le parole choc del boss: “All’architetto lo ammazzo io”

La pratica per sanare un immobile andò male e volevano vendicarsi

PALERMO – “Abbracciami sono qua”; “Sangue mio, sangue mio”. Le frasi suggellarono, lo scorso settembre, la pace fra Pietro Badagliacca e il nipote Gioacchino. Serviva qualcosa di più eclatante per dimostrare che i vecchi rancori per questioni economiche fossero superati.

Ed era qualcosa di macabro e violento. I boss di Mezzomonreale, arrestati nella notte dai carabinieri, volevano ammazzare un architetto. Le intercettazioni raccolte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo sono crude. Le frasi sono esplicite.

“Io mi devo levare qualche scaglia, ma è una cosa mia personale – diceva Gioacchino Badagliacca – io gli devo scippare la testa, ma questa è una cosa mia… ma sarà l’ultima cosa che faccio perché te l’ha raccontato lui che è truffardo?… ti verrebbe il cuore se lo vedessi morire anzi ti faccio un altro favore a te”.

Lo zio Pietro all’inizio era più prudente: “… qua non si possono fare questi discorsi… stai sbagliando Gioacchino ci sono delle azioni che si fanno e che possono portare a delle conseguenze… le forze dell’ordine aumentano i controlli… se è uno che in un altro posto e non lo possiamo fare, se uno da noi altri tu devi dirlo… devi vederlo dobbiamo vedere com’è, non è che ti parte lo vai a fare”.

Gioacchino rilanciava: “… io lo devo ammazzare vero non per scherzo”. Lo zio abbandonava l’inziale ritrosia: “… ti prometto una cosa davanti a mio figlio, anche se c’è il pro e il contro l’ammazzo io all’architetto prima di morire te lo ammazzo prima di morire te lo ammazzo io”.

La colpa dell’architetto era la mancata sanatoria di un immobile in via delle Mimose, nella parte alta di corso Calatafimi. Al figlio di Gioacchino, mentre il padre era detenuto, era stato notificato un ordine di demolizione. Covava la rabbia. Una volta tornato in libertà voleva punire con la morte il professionista.


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