PALERMO – Partecipò ad un omicidio. Fu Giovanni Battista Romano a portare la pistola usata dal nipote, Matteo Romano, per uccidere Emanuele Burgio alla Vucciria la notte del 31 maggio 2021. Finita di scontare la condanna, ormai definitiva, a 15 anni di carcere Giovanni Battista Romano, però, non sarà sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
Socialmente pericoloso, ma…
Secondo la sezione misure di prevenzione del Tribunale, l’uomo è socialmente pericoloso ma non di quella pericolosità che la legge richiede per fare scattare la sorveglianza speciale. L’omicidio, seppure efferato, non è stato commesso né con l’aggravante della premeditazione, né con quella mafiosa.
La sera del 31 maggio 2021 Matteo Romano fece fuoco contro Burgio, che gestiva lo spaccio di droga, in dei Cassari usando la pistola che il nipote Giovan Battista aveva portato con sé.
I Romano – c’era anche il padre di Giovanni Battista, Domenico – arrivarono alla Vucciria dopo la mezzanotte, insieme ad altre persone e in sella a degli scooter. Con la vittima erano ai ferri corti da tempo. C’erano state delle liti, anche per banali incidenti d’auto.
“Ti ho dato bastonate, ora ti devo far fare la fine peggio di tuo padre e di tuo fratello”, disse la vittima ad uno dei Romano che in passato hanno pianto la morte del padre assassinato e di un fratello, trovato nudo e legato dentro il bagagliaio di una Fiat Uno con un colpo di pistola alla nuca.
Niente aggravante mafiosa
L’aggravante mafiosa, che non fu accolta dalla Corte di assise, si fondava sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Alessio Puccio. Quest’ultimo ha spiegato che Domenico Romano, una volta finito in carcere, avrebbe chiesto “protezione, ricevendo rassicurazioni da esponenti della famiglia mafiosa del Borgo Vecchio, che gli dicevano di non preoccuparsi, in quanto ‘siete a posto, siete in regola’”.
Il collegio per le Misure di prevenzione, presieduto da Ettorina Contino, non entra nel merito del racconto di Puccio: “Anche ove le dichiarazioni del collaborante dovessero ritenersi veritiere, le stesse dimostrerebbero al più ‘il tentativo di Domenico di richiedere una forma di protezione postuma’ per l’azione, del tutto avulsa dal contesto mafioso, commessa dal figlio’, e non già la commissione del delitto nell’interesse dell’associazione mafiosa”.
Gesto eclatante ma senza forza intimidatrice
“L’atto omicidiario è scaturito da un’accesa discussione, in qualche modo innescata dallo stesso Burgio, estranea a vicende di tipo mafioso – si legge nell’ordinanza -. Il carattere certamente eclatante dell’omicidio, nel caso di specie, non appare oggettivamente evocativo della forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso, quindi, quanto piuttosto un efferato e del tutto ingiustificabile gesto di violenza ‘comune’ (il video choc dell’agguato) riconducibile a motivi sostanzialmente futili, attuato in maniera estemporanea, in tempi rapidissimi e in un luogo defilato della Vucciria, senza alcuna pianificazione e idoneità ad esercitare una particolare coartazione sulle persone ivi presenti.
Da qui il decreto del Tribunale che non accoglie la proposta del questore e dà ragione agli avvocati della difesa, Giovanni Castronovo e Simona La Verde.

