L'omicidio Celesia e quei "15 ragazzi con i bastoni" ancora da identificare - Live Sicilia

L’omicidio Celesia e quei “15 ragazzi con i bastoni” ancora da identificare

Lino Celesia e il luogo del'omicidio
La confessione dell'assassino e il racconto di tre testimoni

PALERMO – Ci sono ancora tanti protagonisti da identificare. A cominciare dai “quindici” ragazzi armati “di bastoni in legno” che avrebbero accerchiato il giovane assassino. Gente ancora senza identità, ma che era presente all’esterno della discoteca Notr3 dove il 21 dicembre scorso è stato ucciso Lino Celesia. Ne aveva parlato il diciassettenne reo confesso del delitto e lo hanno confermato alcuni testimoni.

Nuovi tasselli investigativi

Si aggiungono nuovi tasselli nel complicato lavoro dei poliziotti della Squadra mobile coordinati dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dal sostituto Vittorio Coppola. Nel corso dell’interrogatorio il più giovane dei fratelli arrestati (l’altro risponde solo della detenzione dell’arma) ha raccontato di essere uscito di casa armato perché temeva di imbattersi in Celesia che un mese prima aveva colpito il fratello con una bottiglia alla Vucciria. Nel corridoio esterno che conduce all’ingresso posteriore del locale il minorenne ha visto Celesia aggredire ancora una volta il fratello. Lo ha picchiato fino a fargli perdere i sensi. Ed è ora che, temendo per la propria vita, il ragazzino avrebbe esploso i due colpi mortali. La pistola sostiene di averla comprata a Ballarò, ma non ricorda da chi. Versione che scricchiola, in un interrogatorio scandito da troppi “non ricordo”.

La seconda pistola

Dopo avere sparato, M. O., è scappato. All’esterno del locale, però, stando al suo racconto, c’erano altre persone armate di mazze. Per disperderle ha tirato fuori una seconda pistola a salve che, così riferisce, aveva preso dallo zaino del fratello G. (ignaro del suo gesto). Quest’ultimo l’aveva comprata per usarla la notte di Capodanno. Dunque il diciassettenne sarebbe uscito di casa con due pistole. Di entrambe le armi non c’è traccia. Quella da cui sono partiti i colpi mortali l’avrebbe gettata in mare a Vergine Maria. Dell’altra nulla dice di sapere. Il fratello sostiene di averla comprata da un tizio contattato su Telegram e di averla gettata in un cassonetto della spazzatura vicino alla discoteca. E non ricorda, come si vede da un video, di avere passato un’arma ad una persona fuori dalla discoteca che dice di non conoscere.

Il referto del pronto soccorso

Ci sono dei riscontri. La notte del 22 dicembre, prima dell’arresto, il fratello più grande è giunto al pronto soccorso dell’ospedale Ingrassia accompagnato dai carabinieri. Aveva il volto semi tumefatto e gli era caduto un dente per le botte ricevute. Il referto parla di “trauma cranico non commotivo, contusioni al volto, piccola ferita al labbro”. Prognosi di cinque giorni. Circostanza che confermerebbe l’aggressione.

I testimoni

Tre buttafuori del locale, che per la sicurezza si affida a una società esterna, sono stati sentiti dai poliziotti. Hanno raccontato di avere visto “parecchia gente che si dirigeva verso l’esterno e anche il personale sanitario di un’ambulanza (si tratta del mezzo della Croce Blu che ha trasportato Celesia in ospedale nel disperato tentativo di salvargli la vita, ndr)”. “Una volta fuori ho oltrepassato la folla, ho aperto l’uscita di sicurezza e ho visto dei ragazzi che avevano dei bastoni in legno in mano“: un testimone scende nei dettagli. Aggiunge che erano “due, tre persone”.

Un altro racconta di avere visto “un po’ di movimento di persone che usciva fuori nel terrazzino fumatori, circa 15 ragazzi, poi ad un tratto ho visto questi stessi ragazzi ed altri in atteggiamento frettoloso che si dirigevano verso la porta di sicurezza, ho sentito degli spari”. Il terzo buttafuori ricorda che tutto è iniziato “con una discussione verbale fra dieci ragazzi… qualche minuto sentivo degli spari”. Quando sono arrivati i poliziotti c’è chi ha raccontato che nulla di grave era successo. In un generale clima di omertà la scena del delitto era stata addirittura ripulita dal sangue.

L’avvocato Vanila Amoroso

Ed è per identificare tutti i presenti che i poliziotti stanno analizzando di nuovo i video, compreso quello ripreso dalla telecamera che inquadra l’ingresso del locale. C’erano 350 persone al Notr3. Nessuna che abbia sentito il dovere di raccontare qualcosa di utile alle indagini. Nel frattempo l’avvocato dei due fratelli, Vanila Amoroso, ha presentato istanza al Tribunale del Riesame. Chiede una misura meno afflittiva del carcere alla luce della loro collaborazione. Che resta però parziale e piena di “non ricordo”. A cominciare dai nomi degli amici con sui sono andati in discoteca la sera del delitto e delle persone che sono intervenute in loro aiuto.


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