PALERMO – Confessò di avere assoldato due killer per uccidere la zia. Francesca Maria Castronovo è stata condannata a 26 anni e 4 mesi di carcere. Ai due presunti assassini, l’ivoriano Guy Morel Diehi e il maliano Toumani Soukouna, sono stati inflitti 25 anni ciascuno di carcere.
La sentenza della Corte di assise di Palermo, di cui Livesicilia apprende ora la notizia, è dello scorso luglio. Maria Francesca D’Amico, avvocato dell’imputata, sta già lavorando al ricorso in appello. La pena per Castronovo è più pesante perché rispondeva anche di peculato: per pagare i killer usò i soldi della zia di cui era tutrice legale.
È una storia che unisce odio e degrado quella culminata con l’omicidio di Maria Angela Corona, 47 anni, il cui cadavere fu abbandonato nel 2020 nelle campagne lungo la strada che da Bagheria conduce a Casteldaccia.
La confessione di Maria Castronovo, 50 anni, era contenuta in due drammatici interrogatori. Per un intreccio di prime e seconde nozze il padre della vittima era nonno dell’indagata. Castronovo viveva in casa con l’anziano, ma era anche tutrice legale di due zii incapaci di intendere e volere, di cui gestiva le pensioni.
L’ennesima lite avvenne a Pasqua di tre anni fa. La zia avrebbe bruciato il braccio alla nipote con il ferro da stiro. Ai carabinieri della compagnia di Bagheria e del Gruppo Palermo, per descrivere il clima di angherie che avrebbe subito da anni, Castronovo disse che da bambina la zia la costringeva a mangiare scarafaggi e a lavarsi i denti con l’acqua del Water.
Aggiunse di avere avvicinato a Ballarò l’ivoriano Guy Morel Diehi davanti a una chiesa. Gli diede una manciata di euro. Per avere molti più soldi bisognava fare un lavoro sporco: dare una lezione alla zia. Il nordafricano, con il permesso di soggiorno scaduto, avrebbe coinvolto il maliano Toumani Soukouna. Per eseguire la sentenza di morte, così disse la mandante del delitto, avrebbero incassato 100 mila euro.
La vittima sarebbe stata sorpresa alle spalle e strangolata mentre usciva dalla sua casa di Bagheria. Il cadavere fu messo dentro un sacco della spazzatura e gettato fra le sterpaglie. Maria Castronovo disse avere avuto un ripensamento quando era ormai troppo tardi. Poi voleva suicidarsi e tentò di farsi esplodere con una bombola di gas. A salvarla fu il fidanzato.
CREDO SAREBBE OPPORTUNO CHE IL COMANDANTE GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI, GENERALE DI CORPO D’ARMATA, TEO LUZI, COSÌ COME HA FATTO PER IL CASO CUCCHI, PER ESEMPIO, ROMPESSE IL SILENZIO E DICESSE DUE PAROLE, ANCHE DI CIRCOSTANZA, SUL CASO IN ESAME. COSÌ, FORSE, LA FAMIGLIA ED IN PARTICOLARE LA VEDOCA DEL MARESCIALLO, SI SENTIREBBERO MENO SOLI. DALTRONDE IL DEFUNTO ERA UN CARABINIERE E NON UN CARABINIERE QUALSIASI, UNO CHE HA PORTATO LUSTRO ALLA BENEMERITA E QUINDI SAREBBE OPPORTUNO CHE IL GENERALE LUZI, DICESSE, COME PER IL CASO CUCCHI, CHE I RESPONSABILI, QUALORA INDIVIDUATI, PAGNERANNO. L’ARMA LO DEVE ALLA FAMIGLIA LOMBARDO. IMPERATIVO CATEGORICO:- USCIRE DAI RUMOROSI SILENZI CHE CELANO UN’OMERTA’ DI STATO, INTOLLERABILE.
ED IO SO BENISSIMO CHE IL GENERALE LUZI NON È UN OMERTOSO, QUINDI, ATTENDIAMO