Palermo, omicidio Di Giacomo. Nuove accuse, lite per un tatuaggio

L’omicidio Di Giacomo: “Ucciso per il potere”. Il tatuaggio della discordia

Onofrio Lipari e la vittima, Giuseppe Di Giacomo
Indagine chiusa. Nuove accuse contro Onofrio Lipari
PALERMO - MAFIA
di
2 min di lettura

PALERMO – Un omicidio organizzato per togliere di mezzo un capomafia, “mettere in discussione la sua “leadership”, farsi largo e consolidare il potere del boss Tommaso Lo Presti a Porta Nuova. La Procura della Repubblica di Palermo ha chiuso le indagini nei confronti di Onofrio “Tony” Lipari, arrestato a febbraio per l’omicidio di Giuseppe Di Giacomo, commesso il 12 marzo 2014. Il reato viene contestato “in concorso con altri soggetti”. Come dire: il caso non è chiuso.

Il tatuaggio della discordia

A Lipari vengono contestati nuovi reati. Minacciò la figlia e la moglie. Andò su tutte le furie quando seppe che la ragazza si era fatta un tatuaggio e se la prese con la moglie che non glielo aveva impedito. “Appena esco ve ne andate perché vi ammazzo a tutti, proprio il tatuaggio non lo doveva fare“, urlava al cellulare che aveva a disposizione in carcere. Il mafioso ha usato tre telefonini nei penitenziari di Larino e Frosinone dove stava scontando una condanna per mafia. Poi gli è caduta addosso la nuova e pesantissima accusa di omicidio.

Il racconto del pentito

A pesare sono sulla posizione di Lipari sono le dichiarazioni di Alessio Puccio, picciotto della manovalanza di Cosa Nostra. Si è pentito quando ha temuto di essere ammazzato. Durante un periodo di comune detenzione nel carcere Pagliarelli, nel 2014, avrebbe appreso da Fabio Pispicia che “Tony” Lipari era stato l’esecutore materiale dell’omicidio. Il mandante sarebbe stato il cognato Tommaso Lo Presti, il quale avrebbe chiesto a Pispicia di distruggere lo scooter con cui Lipari aveva inseguito la vittima e la pistola da cui partirono i colpi mortali. Nel caso di Lo Presti non sono stati trovati i riscontri necessari per incriminarlo.

Il movente

Pispicia avrebbe svelato a Puccio anche il movente del delitto: “Era da ricondursi agli assetti interni al mandamento di Porta Nuova e al contegno eccessivamente autoritario di Di Giacomo”. Era diventato “troppo assoluto… si sentiva troppo onnipotente”. Aveva litigato con Lo Presti e lo aveva addirittura preso a schiaffi. Il racconto avrebbe trovato riscontro, secondo l’accusa, in alcune intercettazioni del 2021. In una conversazione fra Antonino D’Alba, Alfonso e Vincenzo Di Cara, e Salvatore Messina – tutti del rione Zisa – emergeva che Di Giacomo avrebbe commissionato un atto intimidatorio a colpi d’arma da fuoco contro la macchina della sorella di Lo Presti.

“Per me era un padre”

Per Lipari arriverà preso la richiesta di rinvio a giudizio. Lui ha sempre negato: non avrebbe mai ucciso Di Giacomo che considerava un secondo padre. Il figlio di quest’ultimo, assassinato a colpi di pistola nel 2014 alla Zisa nel momento più alto della sua carriera criminale, si è fidanzato con la nipote di Onofrio Lipari, arrestato per l’omicidio. I due ragazzi stanno ancora insieme.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI