Palermo, "ho sentito gli spari, Mico era a terra": l'omicidio Geraci

“Ho sentito gli spari, Mico era a terra”, la moglie racconta l’omicidio Geraci

Mico Geraci
La testimonianza in Corte di Assise

PALERMO – “Ho sentito suonare il campanello, era lui, ma subito dopo ho sentito anche gli spari”, racconta in aula Vincenza Scimeca, vedova di Mico Geraci. Davanti alla Corte di Assise di Palermo ripercorre la terribile sera dell’8 ottobre 1998.

Vide il killer “giovane, all’incirca trent’anni” che entrò in azione a Caccamo, paese in provincia di Palermo. Geraci, sindacalista della Uil e possibile candidato sindaco del centrosinistra, stava rientrando a casa alle 20:30

Visibilmente commossa, davanti al collegio presieduto da Vincenzo Terranova, ma con fermezza la donna ha detto di essersi subito affacciata al balcone e di avere visto la scena. “Sono subito scesa, Mico era a terra. I vicini di casa hanno negato anche di aver sentito gli spari e di avere visto qualsiasi cosa. Mio marito era preoccupato – ha proseguito la donna – soprattutto nell’ultimo periodo. Aveva partecipato a un convegno su mafia e piano regolatore, c’era in gioco la sua candidatura”.

Sotto processo ci sono i fratelli Pietro e Salvatore Rinella, capimafia di Trabia, difesi dagli avvocati Edi Gioè, Antonino Lo Cascio e Fabrizio Meli. Secondo i pubblici ministeri Giovanni Antoci e Bruno Brucioli, gli imputati avrebbero ordinato il delitto a due “cani sciolti” poi a loro volta uccisi. A volere l’esecuzione sarebbe stato Bernardo Provenzano, tenendo all’oscuro l’allora capo mandamento Antonino Giuffrè.

Mico Geraci era diventato un ostacolo per gli interessi di Cosa Nostra. E da sindaco lo sarebbe diventato ancora di più. Successivamente Giuffrè, poi divenuto collaboratore di giustizia, raccontò che sarebbero stati altri due componenti della famiglia mafiosa di Caccamo, Giorgio Liberto e Salvatore Puccio, a persuadere Provenzano che Geraci andava fermato. La moglie del sindacalista oggi ha spiegato che il marito le aveva parlato genericamente di alcuni contrasti con la moglie di Puccio. Mico Geraci bloccava le domande che servivano a ricevere i rimborsi per le aziende agricole.

I Rinella avrebbero scelto come killer Filippo Lo Coco e Antonino Canu. Attesero che Geraci rientrasse a casa, di sera, per sparargli sei colpi di fucile. Qualche anno dopo Lo Coco e Canu furono anche loro assassinati. Erano considerati due cani sciolti.

Al processo si sono costituiti parte civile la moglie e i figli del sindacalista assassinato, assistiti dagli avvocati Giuseppe Crescimanno e Armando Sorrentino, la Uil con l’assistenza dell’avvocato Ettore Barcellona, il Comune di Caccamo, rappresentato dall’avvocato Fabio Trizzino, il Centro studi Pio La Torre con l’avvocato Francesco Cutraro, e la Regione siciliana.


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