Sono trascorsi dieci anni da quel pomeriggio di sangue e morte. Da allora la sua ricerca per la verità non si è mai fermata, anzi. Daniela Carlino, nipote di Antonietta Giarrusso, la storica parruccaia di via Dante a Palermo uccisa a coltellate il 30 aprile del 2012, ha da pochi giorni incaricato un criminologo per continuare ad indagare sull’omicidio, ancora senza alcun colpevole. Alla vigilia del decimo anniversario della morte della donna, la nipote ribadisce con forza che non si fermerà, che non avrà pace fino a quando l’assassino di sua zia non avrà un nome e cognome. “Sono giorni particolarmente duri – dice – le lacrime non si fermano. Penso a mia zia, ma anche a mia madre, anche lei ci ha lasciato senza conoscere la verità e con il dolore nel cuore. Lo stesso dolore che mi spinge a non arrendermi per avere giustizia. Per questo ho deciso di firmare la lettera di incarico per il criminologo Federico Carbone, che anche grazie alla sua esperienza negli Stati Uniti conosce tecniche avanzate di indagine. Lo devo a mia zia, a mia madre e a tutti noi che le amavamo”.
Il delitto
Quello di Antonietta Giarrusso, conosciuta da tutti come “Ninni” è uno dei delitti che più ha sconvolto la città di Palermo. Un delitto tuttora irrisolto, ma per il quale le indagini sono andate avanti a lungo e in modo meticoloso. Il Dna dell’assassino fu isolato grazie ad una macchia di sangue trovata su una tenda, furono ascoltati circa quindici sospettati, analizzati i frame dei video delle telecamere della zona, furono battute tutte le piste. Ma niente. Il killer, a distanza di dieci e lunghi anni, non ha ancora un volto. “Ma la speranza non muore”, dice Daniela Carlino, che con uno struggente post sui social ricorda cosa aveva in programma con la zia per quel pomeriggio di dieci anni fa.
“Quel giorno dovevamo andare al mare”
“Quel messaggio arrivava sempre con largo anticipo: “Nanni sono sotto casa tua, scendi”. Invece eri ancora a casa, a sorseggiare caffè e a fumare una merit, ma cercavi sempre di fregarmi giocando d’anticipo, perché sapevi che avrei fatto le cose con flemma e tu non volevi perdere tempo ad aspettarmi sotto casa, il mare non poteva attendere.. Il mare ci avrebbe aspettato anche quel trenta aprile di dieci anni fa, nel primo pomeriggio, intorno alle 15:00. Tutto era pronto dalla sera precedente: teli, costumi e protezioni solari dentro a una sacca, “You are the first, the last, my everything” di Barry White a oltranza in macchina.. non è andata così – scrive – non arrivammo mai al mare, perché quella calda mattina qualcuno decise di rubarti i sogni strappandoti agli affetti più cari, facendomi cadere dentro un grande vuoto che ancora oggi mi attanaglia. Pertanto domani, come ogni anno, assieme ai frati minimi di San Francesco di Paola e a chi ti ha voluto bene, cercheremo di colmare quel vuoto con una preghiera, ti celebreremo con i nostri ricordi e con tutto l’amore che abbiamo dentro.. ma dopo la consueta messa non mancherò al nostro appuntamento al mare. Ti raggiungerò in quel luogo dov’eravamo soliti andare, me ne starò seduta a guardare quella sottilissima linea che ci separa, sperando che un giorno tu possa avere davvero la pace che meriti”.
“Una giustizia terribilmente lenta”
“Quel mare che amavi tanto, il suo odore, il profumo del sale, oggi è il mio rifugio ogni volta che mi mancano i tuoi abbracci, quei baci pieni d’amore che volevo non finissero mai.. è una carezza tutte le volte che i ricordi di quella mattina diventano opprimenti e sento mancare il respiro, è sostegno tutte le volte che prevale lo sconforto a causa di una giustizia terribilmente lenta, è coraggio in mezzo a tanta omertà, è forza d’animo tutte le volte che devo difenderti dagli sciacalli che in questi anni hanno provato a calpestarti una seconda volta. Nella grandezza del mare, nella sua profondità, le distanze si accorciano.. cosi, nel ricordo di quelle nostre mattine di sole, tra le note di Barry White, il tempo perde valore e posso ancora immaginarti bella, abbronzata, sorridente e piena di vita”.