Omicidio allo Sperone: "Ho difeso mio figlio". Il giro di scommesse

Omicidio allo Sperone: “Ho difeso mio figlio”. Confessione, silenzi e affari

La strada del delitto
Interrogatori di garanzia per due indagati

PALERMO – “Mi sono difeso, non volevo ucciderlo”, ribadisce Camillo Mira al giudice per le indagini preliminari Filippo Serio che deve decidere sulla convalida del fermo. Mira ha confessato di avere assassinato a colpi di pistola Giancarlo Romano e ferito Alessio Caruso allo Sperone.

Accompagnato dal suo legale, l’avvocato Antonio Turrisi, invoca però la legittima difesa: “Mi hanno sparato, o morivo io o morivano loro”. Anche Mira è rimasto ferito alla gamba raggiunto da un colpo partito da una pistola che non è stata ritrovata.

Il figlio, Antonio Mira, che risponde solo del tentato omicidio di Caruso, si è invece avvalso della facoltà di non rispondere. Martedì scorso, 27 febbraio, i due si sono presentati in un’agenzia di scommesse in corso dei Mille dove sapevano che c’era Caruso. “Si metta nei miei panni di padre – ha aggiunto l’uomo – mio figlio era stato picchiato”. Il riferimento è all’episodio che ha scatenato la sua reazione. Caruso e una persona non identificata erano andati nel garage di via XXVII Maggio, centrale operativa della scommesse clandestine gestite dai Mira. Volevano la percentuale sugli incassi. “Non avevamo i soldi – racconta Camillo Mira -, già pagavamo chi vinceva”.

Poi glissa sull’argomento. Non chiarisce, infatti, a che titolo Caruso, secondo l’accusa per conto di Romano, pretendesse il denaro. La Procura di Palermo è convinta che non si trattasse del classico pizzo. C’era un accordo illecito, imposto dalla mafia di cui Romano sarebbe stato un autorevole rappresentante. Il giro di affari è notevole. Ci sono nomi e ruoli da chiarire.

Mira torna sul primo scontro a fuoco davanti all’agenzia. Si è presentato armato perché sapeva che lo fosse anche Caruso. Non ha sparato per uccidere e lo confermerebbe la traiettoria dei colpi, uno dei quali ha ferito un cliente alla gamba. Caruso e Romano successivamente avrebbero dato la caccia ai Mira, finendo per avere la peggio.

“Mi sono difeso per non essere ammazzato”, ripete. Il giudice nelle prossime deciderà sulla convalida e la misura cautelare da applicare agli indagati. Fra questi lo stesso Caruso, indagato per il tentato omicidio dei Mira ed estorsione.


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