Palermo, pizzo ai bengalesi: condanne, ma niente odio razziale

Palermo, pizzo ai bengalesi: condanne, ma niente odio razziale

I commercianti del centro storico "costretti a subire soprusi"

PALERMO – Non regge l’aggravante dell’odio razziale. Le pene vengono riviste al ribasso, ma restano pesanti. Anche secondo i giudici di appello fu una bruttissima storia di estorsioni con modalità mafiosa e una bellissima pagina di ribellione collettiva. Una ribellione a cui raramente si assiste nella Palermo che si piega al racket.

Il processo di appello, di rinvio dalla Cassazione, riguardava il pizzo e i soprusi subiti dai commercianti del Bangledesh nel centro storico di Palermo, accompagnati da Addiopizzo nel coraggioso percorso di denuncia.

Una condanna era già diventata definitiva, mentre per altri sei imputati i supremi giudici decisero che bisognava celebrare un nuovo processo di appello, ma solo per verificare la sussistenza dell’aggravante dell’odio razziale. Le estorsioni erano ormai processualmente cristallizzate.

Gli imputati e le pene

Era già stato stabilito che Alfredo Caruso deve scontare 5 anni e mezzo di carcere. Queste le condanne oggi inflitte dalla Corte di appello presieduta da Adriana Piras: Giuseppe Rubino 8 anni, 8 mesi e 5 giorni (aveva avuto 9 anni 5 mesi e 15 giorni), Emanuele Rubino 8 anni, 7 mesi e 20 giorni (9 anni e mezzo), Santo Rubino 8 anni, 4 mesi e 15 giorni (aveva avuto 8 anni e 5 mesi), Carlo Fortuna 3 anni e 6 mesi (due mesi in meno) e Giovanni Castronovo 3 anni e sei mesi (contro 6 anni e 10 mesi, era difeso dall’avvocato Giovanni Rerstivo), Emanuele Campo 3 anni e 6 mesi (era stato condannato a 5 anni e mezzo, per lui non ha retto l’aggravante mafiosa, era difeso dall’avvocato Fabio Cosentino).

Le parti civili

Gli imputati devono risarcire i danni alle parti civili: i commercianti, la Federazione antiracket (avvocati Valerio D’Antoni e Ugo Forello), Addiopizzo (avvocati Salvatore Caradonna, Maurizio Gemelli e Serena Romano), Centro Studi Pio La Torre (avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro) e Sos Impresa (avvocati Fausto Amato e Maria Luisa Martorana).

Le indagini della squadra mobile, coordinate dai pubblici ministeri Ennio Petrigni e Sergio Demontis, partirono da un tentato omicidio, ripreso dalle telecamere. Yusupha Susso, studente gambiano, prese le difese dei commercianti stanchi di subire soprusi. Gli spararono un colpo di pistola alla testa. Si salvò per miracolo. Emanuele Rubino è stato condannato per il tentato omicidio.

“Questi me li dai per i carcerati e se fai denuncia ti ammazzo”, dicevano ai piccoli commercianti per strappargli via i soldi degli incassi. Il clan Rubino avrebbe dettato legge nella zona di via Maqueda.


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