"Io, assessore dello Zen, sconvolta per l'arresto della preside"

“Io, assessore dello Zen, sconvolta per l’arresto della preside”

Intervista all'assessore alle Attività Sociali sulla vicenda della preside Lo Verde.
INTERVISTA A ROSI PENNINO
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3 min di lettura

“Guardi, sono addoloratissima. Sono nata allo Zen, ho vissuto molta parte della mia vita lì, ho compiuto esperienze fondamentali che mi hanno portato a essere la donna che sono. Non so se me la sento…”.

Ma poi Rosi Pennino, assessore alle Attività sociali del Comune di Palermo, si apre. E prova a dare un segnale di speranza. Sono giorni difficili per lo Zen. A prescindere dall’esito del percorso giudiziario, l’arresto della preside Daniela Lo Verde è un macigno sul cuore. Perché quella zona di città così difficile dovrebbe avere ancora fiducia, quando legge i giornali che raccontano, con dettagli di cronaca, della dirigente scolastica dell’istituto ‘Falcone’, accusata di sottrarre risorse destinate ai suoi alunni?

Diceva di essere addolorata, assessore.
“Sì, molto. Vengo da una famiglia di quattro figli, mio papà operaio e mia mamma che faceva le pulizie per dare una mano. Casa popolare ‘scassata’. I nostri genitori facevano i salti mortali, pur di non farci mancare nulla. Garantire il cibo per tutti non era semplice…”.

La preside è accusata, tra l’altro, di avere preso generi alimentari della scuola.
“Ecco, questa è l’accusa che mi ha più devastata. Ovviamente, non entro nel merito degli accertamenti e dell’inchiesta. Ma anche soltanto leggere un addebito del genere mi ha sconvolta, come per i tablet e i cellulari. I bambini e le famiglie hanno bisogno della pasta, del pane, del riso e della prossimità: gli strumenti tecnologici possono azzerare distanze e diversità”.

Lei dove ha studiato?
“Ho frequentato le scuole allo Zen, le elementari e le medie. Ho avuto insegnanti strepitosi. Senza il loro sostegno, non sarei io. Sono cresciuta in una famiglia povera, onesta e dignitosa e sapevamo tutti che l’istruzione era la nostra unica opportunità”.

Oggi, nel quartiere, si respira un’aria di sfiducia.
“Sì, io che sono stata una bambina dello Zen e che sento ancora fortissima l’appartenenza la percepisco. Ma vorrei dire una cosa a tutti i residenti, alle persone oneste, la stragrande maggioranza, che vivono lì”.

La dica.
“Non dobbiamo mai perdere l’orgoglio e la speranza. Oggi che sono assessore della quinta città d’Italia rivendico di essere una donna dello Zen. Non lasciamoci prendere dallo sconforto e dalla rassegnazione. Lo so che, a casa, nei padiglioni, è naturale dire: ‘sono tutti gli stessi’. Non è così. Ci sono tante bellissime persone. Loris, un frate, uno dei miei amici più cari e più impegnati, è del quartiere come me ed è stato bello essere accompagnata da lui alla cerimonia di insediamento (nella foto). E vorrei che ogni ragazza e ogni ragazzo dicessero con gioia e soddisfazione: c’è, in giunta, una ragazza dello Zen, una come noi”.

Cosa si può fare, in questo momento?
“Io vorrei proteggere tutte le persone perbene dalla rassegnazione”.

Ma il Comune cosa intende fare per migliorare la situazione nelle periferie, Zen compreso?
“Sono certa che, come sta già programmando, il sindaco saprà costruire percorsi di cambiamento, per riqualificare aree e mettere a sistema lo Zen con la città. Per quel che mi riguarda, da mesi, sono al lavoro per riportare i servizi sociali allo Zen fisicamente, è assurdo che non esista più neppure la sede. Avevo già in programma una riunione di tutti gli attori di prossimità presenti: scuole, terzo settore, parrocchia, circoscrizione”.

E poi?
“Occorre costruire insieme una rete interistituzionale e avviare azioni sociali sul territorio. E poi, da quando mi sono insediata, ho un sogno: riqualificare il centro O.P.I A.N., oggi abbandonato. Era il sogno di don Gallizzi a cui ho intitolato la chiesetta all’aperto, lì dove sorgeva la vecchia chiesa, qualche mese fa”.

E cosa si può tentare per aiutare gli istituti in contesti più complicati?
“Penso che ci sono troppi finanziamenti, eccessivamente complessi. Sarebbe opportuno restituire ai Comuni quei soldi per creare una programmazione, in armonia con scuola e territorio”.

Parlava della sua scuola.
“Ricordo i nomi di tutti i miei insegnanti. Ricordo la maestra Ferreri che era speciale e indimenticabile, come tutti”.

Perché?
“Ci regalava libri, matite e quaderni. Non potevamo permetterceli”.

Vi dava anche il cibo?
“Sì. Portava anche la merenda per quei bambini che sapeva sarebbero stati senza”. (rp)


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