Palermo, politico condannato: fu arrestato in campagna elettorale

Scambio elettorale politico-mafioso alle Regionali: condannato a 10 anni

La consegna dei soldi sarebbe avvenuta in un bar

PALERMO – Avrebbe “comprato” un pacchetto di voti per le elezioni regionale del 2022. Salvatore Ferrigno è stato condannato a 10 anni di carcere per scambio elettorale politico-mafioso.

Prima di lui, in un altro processo, erano stati inflitti undici anni, un mese e dieci giorni al mafioso di Carini Giuseppe Lo Duca; mentre sei anni e mezzo aveva avuto Piera Loiacono. Ferrigno aveva scelto il rito ordinario, gli altri due imputati l’abbreviato.

Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Paolo Guido e del sostituto Giovanni Antoci, Lo Duca aveva preso un impegno preciso con Ferrigno che gli avrebbe consegnato cinquemila euro tramite Loiacono in cambio del sostegno elettorale in “quattro paesi”.

L’arresto

Il blitz dei carabinieri del comando provinciale di Palermo scattò a settembre 2022. Ferrigno fu arrestato in piena campagna elettorale per le Regionali. L’ex deputato nazionale di Forza Italia era in corsa con i “Popolari e autonomisti Noi con la Sicilia”, lista di centrodestra che faceva capo all’ex governatore Raffaele Lombardo, a sostegno della candidatura di Renato Schifani.

La vita in America

Ferrigno da 40 anni viveva in America dove faceva il broker assicurativo. Lo Duca, figlio di un pezzo grosso della vecchia Cosa Nostra, ha nella sua fedina penale penale una sentenza passata in giudicato per mafia.

Nelle intercettazioni si parlava di voti e soldi. Il passaggio di denaro sarebbe avvenuto in un bar dove i militari fotografarono l’incontro fra Ferrigno e Lo Iacono. Quest’ultima sarebbe stata l’intermediaria della d’azione di denaro.

Anche Loiacono ha un passato in politica. Ha ricoperto il ruolo di assessore a Campofelice di Fitalia in provincia di Palermo. Nel 2017 cercò visibilità candidandosi alla presidenza della Regione, sostenuta dal Movimento Politico “Libertas” e dai Liberal Socialisti.

Le intercettazioni

Lo Duca avrebbe garantito di potere “corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi, e basta. E sono: Carini, Torretta, Cinisi, Terrasini…”. Di quante preferenze stava parlando? “Non meno di duecento voti a paese… Dico, io ho i miei… e in quarantamila quando gliene porto duecento che minchia vuole”, continuava Lo Duca.

Spiegava di essere forte a Carini, ma con ottimi collegamenti con i boss palermitani: “Per quanto riguarda le borgate problemi non ne abbiamo… c’è Passo di Rigano… ce ne sono”, diceva alla donna. La chiamava “la picciutedda”.

Ora tu per qua gli dici ‘ascoltami…’ gli dici ‘avendo una persona… – così Lo Duca suggeriva a Loiacono di dire a Ferrigno – che già ci siamo capiti pure chi è, avendo quest’amicizia… non meno di cinque a paese… io posso corrispondere quattro, di qua e già sono questi di qua… e questi non me li deve toccare nessuno Piè, perché ogni paese io gli devo lasciare la metà”.

Coloro che garantivano l’appoggio elettorale andavano ripagati: “Vedi che a Cinisi, gli presento cinquemila… millecinque tu e millecinque io… non c’è niente da fare”.

E Loiacono dimostrava di conoscere bene le dinamiche: “Certo perché sennò non ti cercano più”. Anche perché diceva Lo Duca, “tu pensi che noi andiamo a fare una campagna elettorale senza guadagnare una lira”?. E la donna rispondeva: “No, dobbiamo guadagnare”.

Appuntamento al bar

La sera del 17 settembre 2022 i carabinieri si appostarono nel bar di Carini. C’erano Ferrigno e Loiacono. Il candidato prese qualcosa dalla tasca dei pantaloni, la passò a Loiacono che la mise nella borsa. Loiacono, tornata in auto, parlava con il compagno: “… mi ha detto trovo altri cinquemila euro a parte questi mille euro che mi ha dato”.

La difesa

Il difensore di Ferigno, l’avvocato Antonio Gattuso, ha sempre sostenuto che Ferrigno è rimasto all’oscuro di tutto. Non ci sarebbe alcuna prova che avesse siglato un patto sporco per avere i voti di un mafioso. Non ne era consapevole. Pensava ad una normale e lecita attività elettorale.

Sarebbe finito nella rete di una donna “gabbatrice, ciarlatana, camaleontica, inaffidabile”. Ferrigno, scampato alla strage di Fiumicino del 1985, nulla sapeva, né la donna, né Lo Duca avrebbero fatto qualcosa per procacciare i voti. Scontato il ricorso in appello.


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