Palermo, massacrato a colpi di mazza per un furto al parco giochi

Sequestrato e massacrato a colpi di mazza per un furto al parco giochi

Evitò il peggio quando spese il nome di un boss

PALERMO – Sequestrato e massacrato di botte per un furto. La vittima lo descrive come un pestaggio di una ferocia inaudita. Gli aggressori si sarebbero fermati solo quando la vittima fece il nome di un boss.

Daniele D’Angelo è un pluripregiudicato per reati contro il patrimonio, arrestato per furto ed estorsione. Ha una sfilza di precedenti ed è soprannominato “il topo” per la sue capacità e abitudine di intrufolarsi per mettere a segno i colpi. Nel corso di una conversazione del 2022 con Giuseppe Biondino, reggente di San Lorenzo scarcerato nel 2020, D’Angelo raccontava l’incubo vissuto nella notte del 7 luglio.

Alcuni componenti della famiglia di Salvatore Ruvolo, fra gli arrestati del blitz (sei maschi e due femmine) lo avevano sorpreso mentre rubava nel parco giochi “Bossolandia park” in viale Campania, di proprietà della famiglia Ruvolo.

Lo avrebbero costretto a salire in macchina per condurlo al cospetto di tale Rosario. I carabinieri sono al lavoro per identificarlo. D’Angelo per salvarsi la vita spese il nome di Biondino. A quel punto lo liberarono con l’impegno di non tornare più a rubare in casa loro.

L’incontro fra Biondino e D’Angelo è stato monitorato. I carabinieri erano appostati sotto casa del boss scarcerato dopo avere scontato 10 di carcere in via Dei Quartieri. Il racconto della vittima fa emergere la spietata violenza subita: “… colpi di mazza, colpi di ferro però il problema che sono innocente…. sei con le mazze, ferro, dall’una di notte mi hanno lasciato alle sei e mezza…”.

D’Angelo ammetteva di essere andato a rubare al parco giochi. I proprietari, attraverso un sistema di videosorveglianza privata, lo avevano sorpreso mentre trafugava delle bibite da una vetrina: “… a prendere la birra, qualche monetina… il parco giochi di viale Campania…loro sono preparati che avevano monitor che vedevano azionati a casa”.

Non soddisfatti della punizione lo avevano fatto salire a bordo di un’autovettura. D’Angelo ricordava la strada percorsa. Erano transitati “per il viale della Scienze nella zona dei Pagliarelli” per giungere vicino Porta Felice, alla Kalsa: “… ho le costole piene, piene di lividi, sono disperato… non ci sento dalle orecchie…”

Alla Kalsa c’era Rosario, cugino del proprietario del parco giochi. D’Angelo avrebbe subito una sorta di interrogatorio perché “dobbiamo vedere a chi appartieni, di dove sei, di dove non sei”. Quando fece il nome di Biondino la punizione si fermò. Lo caricarono in macchina e lo riportarono in viale Campania.

D’Angelo temeva altre punizioni. Era certo di avere “pagato il conto di un altro”, e cioè dell’autore di due precedenti furti. Biondino credette alle sue parole, ma lo mise in guardia. Se si fosse accorto che mentiva sarebbero stati guai: “Se uno porta avanti un discorso… se poi… mi portano un riscontro a quel punto… poi sono io a venire da te, capito?”.

Se qualcuno fosse andato a chiedergli spiegazioni “gli dico semplicemente senti il discorso è questo … il ragazzo è una brava persona, ha fatto l’errore lo ha pagato bene ma sappi che con quello di domenica passata non c’entra niente”. Insomma si era meritato la punizione, ma la faccenda andava chiusa. Ora la vicenda è saltata fuori con il blitz.


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