PALERMO – È una brutta storia. Di una donna che avrebbe avuto rapporti sessuali con un ragazzino di 17 anni, figlio del suo compagno. Lo avrebbe costretto sotto minaccia e ricatto ad assecondare i suoi impulsi.
“Ho sbagliato, mi ero invaghita di lui, ma era un rapporto consensuale”, si difende lei.
L’imputata ha 40 anni. Sul banco dei testimoni, dopo che la vittima ha confermato le accuse, sfilano gli amici del ragazzino. Sono tutti giovanissimi e lo erano all’epoca dei fatti, quattro anni fa.
Poi tocca alla donna che si sottopone all’esame del difensore, l’avvocato Domenico La Blasca, e alle domande del pubblico ministero e del presidente Monica Sammartino.
Ammette di avere avuto i rapporti sessuali. Avvenivano anche mentre c’erano gli altri a casa. Si appartavano in camera oppure aspettavano che tutti si addormentassero.
È stato un errore, ma circoscrive l’inizio dei fatti ai mesi antecedenti al compimento dei diciotto anni del ragazzo. L’accusa invece li retrodata quando non aveva ancora 17 anni.
La donna aggiunge di avere denunciato per stalking il padre che però sostiene di avere insistito con messaggi e chiamate mascherando dietro la voglia di ricucire il rapporto il vero motivo e cioè conoscere il maggior numero di dettagli della vicenda.
Fu il padre della vittima, costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Stefano Santoro, e che di mestiere fa l’artigiano, a scoprire casualmente il morboso rapporto fra il figlio e la compagna. Entrambi separati e con figli avevano deciso di andare a vivere insieme.
Come venne a galla la storia? L’imputata si era consultata con una cartomante a cui aveva chiesto un parere su ciò che stava facendo. Della conversazione restò traccia nel cellulare della donna. Il figlio alla fine decise di confidarsi con il padre.
Raccontò degli atti sessuali e delle presunta costrizione. Dalla paghetta negata al divieto di usare la macchina, quando divenne maggiorenne: sarebbero state le ritorsioni qualora il ragazzino si fosse rifiutato di sottostare alle ripetute richieste sessuali.
Avrebbe approfittato per un lungo periodo di un diciassettenne che la considerava una seconda madre. L’abuso della sua autorità di convivente del padre è un aggravante.