Atti sessuali col figliastro tredicenne: il processo attende i testimoni

Atti sessuali col figliastro tredicenne: il processo attende i testimoni

Una turpe storia accaduta nel quartiere Nesima

CATANIA. Secondo l’accusa il patrigno, il compagno sessantenne di sua mamma, lo avrebbe molestato sessualmente. Dormendo con lui, lo avrebbe costretto a compiere atti sessuali. È entrato nel vivo il processo a carico dell’uomo e anche della mamma del ragazzo, che è accusata di aver saputo tutto e di non essere intervenuta, ma anzi di aver difeso il compagno dicendo a suo figlio: “Se dici queste cose io finisco in galera e tu in un istituto”.

In aula il giudice ha ammesso i mezzi istruttori a ha rinviato tutto all’8 maggio, giorno in cui deporranno i primi testimoni, ovvero una maestra a cui la presunta vittima ha raccontato l’episodio; e gli investigatori che hanno condotto le indagini, prima che si arrivasse in aula. Il processo, insomma, potrebbe concludersi in poche udienze, anche se, va detto, che gli imputati siprofessano innocenti e accusano il ragazzo di essersi inventato tutto per vendetta nei confronti della madre, che aveva lasciato suo padre.

Gli imputati, di cui si omettono le generalità per non consentire l’identificazione della vittima, che ovviamente è ancora oggi minorenne (i fatti risalgono a 4 anni fa), sono difesi dall’avvocato Pierfrancesco Buttafuoco. Il ragazzino è stato allontanato dalla famiglia, anche se per i due imputati non è mai stato preso alcun provvedimento cautelare. In aula è presente anche la parte civile, ovvero il tutore legale del minorenne.

La Procura aveva chiesto l’applicazione di misure cautelari ma la richiesta non è stata accolta, nonostante avesse presentato anche un ricorso in Cassazione, in sede cautelare (respinto). Le accuse per il patrigno sono aggravate dall’aver agito ai danni di una persona che non aveva ancora compiuto 14 anni e di averlo fatto approfittando di circostanze di tempo e di luogo in cui il ragazzino non poteva certo difendersi. La madre invece tecnicamente è accusata di violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, perché avrebbe cercato di costringere il ragazzino a ritrattare quanto dichiarato alle insegnanti a scuola e di commettere un reato mentendo al pubblico ministero.


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