PALERMO – Ennesimo rinvio, stavolta per l’emissione del verdetto, del processo al giornalista Pino Maniaci. Il dibattimento pende in appello dopo l’assoluzione in primo grado dell’imputato per il reato di estorsione (i pm avevano chiesto 11 anni e mezzo di carcere). E la condanna a un anno e 5 mesi per diffamazione del giornalista Michele Giuliano, dell’artista Gaetano Porcasi e dell’operatore tv Nunzio Quatrosi.
La Procura generale ha impugnato il verdetto di primo grado. E ha chiesto la condanna di Maniaci anche per estorsione a 9 anni e sei mesi. L’imputato, coinvolto in una indagine della Direzione Distrettuale Antimafia sui clan di Partinico, è accusato di aver utilizzato il suo potere mediatico per fare pressioni su alcuni amministratori di Partinico e Borgetto. E costringerli a pagare in cambio di interviste riparatorie.
Il giornalista prima avrebbe lanciato accuse in tv nei confronti delle sue vittime, poi si sarebbe offerto di dar loro la parola per difendersi chiedendo soldi. La misura cautelare del divieto di dimora per Maniaci venne emessa a maggio del 2016. L’udienza preliminare è stata celebrata nel 2017 e la prima sentenza è del 2020. A 8 anni dall’inizio della vicenda, dunque, non c’è ancora una sentenza di appello.
L’avvocato della difesa, Bartolomeo Parrino, ha chiesto la conferma dell’assoluzione di primo grado per quanto riguarda l’estorsione e l’assoluzione anche per le diffamazioni.
Per alcune di esse il legale ha invocato la discriminante della provocazione subita da Maniaci. In subordine secondo illegale lei diffamazioni sarebbero comunque prescritti.
L’estorsione sarebbe stata commessa, per un importo di 366 euro, ai danni degli ex sindaci di Borgetto e Partinico, Gioacchino De Luca e Salvatore Lo Biundo. Soldi che Maniaci avrebbe chiesto per non mandare in onda servizi contro gli amministratori nel suo telegiornale.
Maniaci inoltre avrebbe imposto a un assessore di Borgetto l’acquisto di duemila magliette col logo della sua emittente. Per tutte queste ipotesi in primo grado era arrivata l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Le diffamazioni invece vedono come parti lese il giornalista Michele Giuliano, Nunzio Quatrosi, Elisabetta Liparoto e il pittore Gaetano Porcasi.
Il giornalista di Telejato ha sempre considerato i guai giudiziari legati alle sue inchieste contro il sistema di gestione dei beni sequestrati da parte della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, il cui presidente, Silvana Saguto, è stata condannata e radiata dalla magistratura.
Nessuna estorsione, nessuna minaccia di utilizzare i servizi televisivi come arma contro i politici qualora non gli avessero dato i soldi. Nelle arringhe difensive si è sempre parlato di “processo mediatico” e “senza prove”.